mercoledì 28 maggio 2014

Il re dei giochi - Marco Malvaldi

Arrivati al terzo volume della serie del BarLume, Pineta inizia a diventare una sorta di Cabot Cove della Toscana, dove inizia ad essere pericoloso vivere per l'alto tasso di mortalità tipico dei gialli. Ovviamente tutti omicidi.

Penso che quel che fa sempre tornare ai libri di Malvaldi sia anche la brevità, ci sono dei tempi morti ma sono quasi sempre giustificati, o servono ad inquadrare delle situazioni utili (seppur in questo caso siano troppo rivelatori).
Delle storie semiavvincenti di lunghezza modesta, un paio d'ore di letture, è spesso esattamente quello di cui si ha bisogno per rilassarsi senza lasciare un senso di incompiutezza per aver dovuto interrompere una storia. Ti immergi, segui Massimo, Tiziana, i vecchini toscani nell'indagine, risolvi il caso autonomamente, perché come sempre il colpevole è l'unico personaggio che sembra essere messo nella storia senza uno scopo, più volte, insistentemente. A questo punto ci si sente intelligenti ed appagati.

Non ho amato molto la lunga parentesi politico-elettorale, troppo involuta ed irrilevante, con allusioni a fatti di cronaca reale che rendono Il re dei giochi già poco leggibile dopo pochi anni, figuriamoci fra qualche lustro...

Le parentesi con le spiegazioni di probabilità fanno un po' rabbrividire, ma quando mai abbiamo visto la matematica usata propriamente in narrativa?

La capanna dello zio Tom - Harriet Beecher Stowe

La capanna dello zio Tom, audiolibro su Liberliber.

Questo libro è invecchiato molto male. Magari era un grande manifesto antischiavista ed un inno alla tolleranza, all'epoca, ora sembra un calderone degli stereotipi più beceri e negativi.

Chiunque sia bianco si categorizza come:
- maniaco religioso che supporta le libertà personali solo perché Gesù dice così, e non perché ne sia intimamente convinto
- sadico crudele che si diverte a torturare i suoi schiavi senza alcuna ragione apparente, con una propensione speciale per punire gli schiavi più devoti.

Chiunque sia nero si categorizza come:
- schiavo crudele che gode nell'infliggere dolore agli altri schiavi e a sentirsene superiore.
- schiavo spaventato di essere libero che è felice di avere qualcuno che dirige la sua vita e gli dice cosa farne.
- schiavo iperreligioso che accetta il suo destino con rassegnazione e spirito di sacrificio, perché la Bibbia tra le altre cose gli suggerisce di obbedire ai suoi padroni.

La Bibbia effettivamente non condanna la schiavitù, anzi, la regola in maniera molto specifica raccomandando agli schiavi di stare buoni. Quindi penso sia stato molto confuso e sbagliato scegliere il cristianesimo come elemento discriminante tra schiavisti ed antischiavisti. Il fatto che buona parte del libro sia un insistere costantemente sui pregi della religione, ignorandone completamente gli ovvi problemi, non può funzionare per un lettore razionale.

Per quanto riguarda la storia, i personaggi sono delle macchiette, se hanno una caratteristica, non è mai moderata, è estrema ed esagerata. La trama ha dei buchi che ci passerebbe un cammello attraverso. Molto presto le storie che ci vengono raccontate si biforcano, senza venire più a contatto fino ad una carrambata finale - "Io ero il suo padrone! Ed io sono sua sorella! Ed io sono la suocera! Che caso, ci siamo trovati proprio sulla stessa barca a parlare per caso della stessa persona!"
Diciamo che un finale aperto sarebbe stato più piacevole che una forzatura simile, con successivo quadretto storico di riepilogo.

martedì 27 maggio 2014

Pippi Calzelunghe - Astrid Lindgren

Dopo essermi imbattuto per caso nella serie tv, che abitava nel mio subconscio sotto forma di vaghi ricordi d'infanzia, prima di provare a rivedere qualche episodio, ho voluto leggere il libro da cui era tratta.

Pippi Calzelunghe farebbe Inorridire il genitore moderno. Pippi è un piccolo mostro irresponsabile e dannoso, che polverizza qualsiasi tentativo di educazione dei figli altrui.
Gioca con pistole cariche.
Si butta in un fosso pieno d'acqua "perché può".
Invita sconosciuti in casa.
Sale sul tetto.
Gioca in cima alle scale a pioli.
Mischia medicine a caso per poi assaggiarle.
Tiene animali in casa.
Beve quantità folli di caffè.
Si scontra con le autorità lottando con i poliziotti che la vogliono mandare a scuola.
Quando ci va spontaneamente si ribella al sistema scolastico.
Si butta da un po' qualsiasi posto alto in cui si trovi, case, alberi, scogliere.
Non prova neppure a gestire il suo (troppo) denaro.

Penso sia questo che la rende così affascinante per i bambini che leggono. Il senso di trasgressione in una lista sterminata di precetti inviolabili in qualsiasi casa.

Il libro è molto serializzato, brevi racconti che raccontano di una singola giornata o poco più dei due protagonisti, Tommy ed Annika, insieme al piccolo mostro dalla forza sovrumana, Pippi. La lunghezza è perfetta per l'attenzione di un bambino che legge, lo stesso i temi. C'è una macrostoria, ma appena il necessario per invogliare a riprendere la lettura per il capitolo dopo.
Ammetto che leggere Pippi Calzelunghe in un'unica sessione è stato molto stancante, è chiaramente il modo sbagliato di "usare" questo libro.

Il link originale sul sito di Ghibliworld.
Curiosità trovate cercando informazioni. Astrid Lindgren ha doverosamente rifiutato a Miyazaki - colpevole di aver mutilato un numero notevole di libri per ragazzi - i diritti per trasformare Pippi in un lungometraggio della Ghibli, titolo di produzione Nagagutsushita no Pippi.
Ringraziamo di non avere tra le mani un altro caso Castello Errante (che tristezza), e ci godiamo tutto quel che sopravvive: gli storyboard preparati da Miyazaki per convincere l'autrice della fattibilità del progetto; il personaggio di Pippi riciclato prima in Mimiko di Panda Kopanda, poi in Mei di Totoro; passando per i panorami scandinavi che diventeranno ricorrenti nella produzione di Miyazaki, dopo il suo viaggio a caccia del consenso della Lindgren!

lunedì 26 maggio 2014

Un mondo per gli artefici - Charles Sheffield

Urania 1606, Maggio 2014

Civiltà antichissime, reperti che tornano alla luce dopo millenni, manufatti sepolti sotto strati di sabbie o di lava sono un tema prediletto dell'immaginazione fin da quando, nel 1748, re Carlo III avviò sistematicamente gli scavi di Pompei. La fantascienza di ambiente planetario eredita questa tradizione spostandola su un piano ipertecnologico, ed eccoci arrivati su Quake (un pianeta già visitato dai lettori di "Urania" nel n. 1274). La razza degli Artefici nasconde i suoi segreti lassù ed è per questo che una delegazione umana ed extraumana ha cercato a lungo di approdarvi. Ma se per Darya Lang si tratta soprattutto di una sfida intellettuale, per altri il mistero può nascondere insidie letali. Infatti i guai cominciano - per umani ed extraumani - non quando l'enigma è ancora insoluto e gli scavi sono a rischio soltanto di una cattiva amministrazione, ma quando i manufatti svelano, poco a poco, la loro vera funzione di trappole nello spazio...

Un mondo per gli artefici è la mia prima lettura nell'Heritage Universe. È un mondo molto più antico di quanto siamo abituati nelle sage di fantascienza. Questo vuol dire una attendibilità tecnologica molto bassa, ma anche delle dinamiche razziali complesse ed interessanti da sviluppare.


Sono proprio le interazioni di razze a guidare questo racconto. In forma enciclopedica ci vengono presentate una ad una le razze coinvolte nella storia, con la loro fisiologia, i loro sensi anche molto distanti da quelli umani, le loro dinamiche sociali spesso incomprensibili o incomunicabili.

Ammetto che è piacevole, dopo così tanti alieni umanoidi e troppo simili agli umani, vedere così tanta varietà insieme. Sistemi di comunicazione, strutture fisiche diverse ed incredibilmente adattate all'habitat originale. Strutture sociali incompatibili, dall'estrema reclusione di alcune, al parassitismo sessuale di altre. Certo, si vede spesso una allusione a specie o meccaniche sviluppate da animali terrestri, ma sempre usate in maniera originale.

Un gruppo misto di diverse specie, insieme ad computer umanizzato, si trovano ad esplorare un manufatto-planetoide di una razza antica, gli Artefici. Il primo nuovo artefatto scoperto da molti anni, che si rivela essere molto più delle costruzioni enormi, inalterabili e vuote a cui sono abituati gli studiosi.

Si trovano coinvolti in una trappola-test che aspettava il giusto livello di civilizzazione delle specie in evoluzione che gli Artefici ritenevano dominanti. Quello che non avevano previsto era che si presentassero insieme, anziché una alla volta.

Alcuni dei personaggi sono reduci da vicende precedenti su uno dei pianeti nel medesimo sistema solare e spesso sono complicati da capire, senza questi precedenti.
Da cercare, dell'Heritage Universe:
Urania 1274, Quake, un pianeta proibito
Urania 1359, Punto di convergenza

venerdì 23 maggio 2014

Mille candele danzanti - Christian Bobin

Mille candele danzanti, journal.

Forse sono poco sensibile, ma non sono davvero riuscito a digerire Mille candele danzanti.

La quarta di copertina faceva delle promesse: "Un atto d’amore verso i libri, ovvero chi li legge, chi li scrive, chi è un autore celebre, chi scribacchia nel tempo libero, chi scrive la propria storia vivendo... c’è un filo che unisce chi ama i libri.". Promesse tradite senza pietà. C'è un sottile tema comune, narrazione e lettura, ma non esiste macrotesto di alcun genere, sembrano aforismi lunghi quattro pagine montati insieme senza un filo logico comune, per non parlare del filo (micro o macro) narrativo, che non esiste proprio.

Capisco lo stile non narrativo, come scelta. Per quanto non mi attiri particolarmente, non mi disturba neppure se usato piacevolmente. Ma se uno sceglie di non narrare, deve sopperire in qualche modo, per tenere alta l'attenzione di chi legge.

Senza "qualcosa" su cui concentrarsi durante la lettura, lo sguardo corre sempre più rapidamente, rimestando le frasi corte e frammentate, fino a perdersi; a fondo pagina ci si accorge che nulla di quanto si è letto si è fissato nella mente. Sforzandosi di leggere una frasettina alla volta, si viene soffocati dal vuoto di tante parole saltellanti una di fianco all'altra.

A parte qualche piccola eccezione, i brani da una pagina a fine libro hanno un loro perché, pur sembrando una versione avanzata molto (troppo) simile a quelle immagini tipiche di Facebook che raffigurano un tramonto o un panorama d'atmosfera con su scritta col paint una citazione colta più o meno in contesto. Purtroppo ho una opinione molto bassa di chi si lascia irretire dalla poetica poesia facilona in jpg.

giovedì 22 maggio 2014

Il gioco delle tre carte - Marco Malvaldi

Seconda possibilità per Malvaldi, e se l'è giocata meglio che con il racconto precedente nella serie del BarLume, La briscola in cinque.

La lettura scorre meglio, gli influssi di pisanità si sentono molto meno e soprattutto non sono fondamentali per la vena umoristica del libro ("ahah, che ridere, lo spirito toscano" funziona solo tra toscani, per tutti gli altri è una sofferenza).

Ho apprezzato molto che, al contrario del precedente, questo fosse un giallo onesto e ben congegnato. Gli indizi utili ci sono tutti, più o meno evidenti, e non ci viene tenuto nascosto nulla di utile per lo scioglimento del mistero.

Le spiegazioni tecniche forzate per farci capire il nodo della storia sembrano un po' forzate. Non c'era davvero un modo per evitare di spiegarci il funzionamento di un computer? Penso che i lettori siano divisi tra "chi già lo sa" e "chi non lo sa e sicuramente non lo impara da questo libro", quindi sarebbe stato più sano glissare.

Continuo a trovare poco utilizzati i vecchini al bar che identificano questa serie. Sono ancora poco utili ed appena utili come spalla comica, o per dare l'imbeccata involontaria che illumina il loro barista facendogli risolvere il mistero.

mercoledì 21 maggio 2014

La ragazza che giocava con il fuoco - Stiegg Larsson

La ragazza che giocava con il fuoco è il secondo volume della trilogia Millennium. Dopo aver letto il primo libro ed averlo molto apprezzato, pur senza considerarlo un capolavoro, non avevo aspettative altissime per un seguito. Eppure in qualche modo mi sembra migliorato il livello.

Lisbeth Salander che era una sorta di jolly per risolvere in maniera astuta qualsiasi problema, diventa un personaggio complesso, completo, con un passato che giustifica il suo modo di essere e di rapportarsi col mondo.

Mikael Blomkvist era il prototipo di giornalista perfetto, tenace, incorruttibile, astuto, un perfetto Legale Neutrale pronto a lottare con tutto se stesso in nome dell'etica professionale. In questo libro cambia e deve venire a patti con una realtà fallibile e che ha commesso uno sbaglio che non si può correggere restando nel sistema.

I due attori principali sono cambiati, forse si sono cambiati a vicenda, permettendo di raccontare una storia diversa. Il lettore da spettatore in ansia, in attesa della prossima rivelazione, diventa un lettore onnisciente, che vedendo le storie e le scoperte di tutti i personaggi, sa più di ognuno di questi singolarmente. Il lettore è un dio-bambino che guarda in maniera compiaciuta i personaggi-formica che lottano tra loro cercando di accaparrarsi i granelli di zucchero più grossi.

Inizio ad essere triste che Larsson sia morto senza concludere il suo piano di scrivere almeno 10 volumi per la serie di Millennium. Una saga con evoluzioni in perfetto stile fantasy, ma ad ambientazione giallo-moderna. Sarebbe stato qualcosa di notevole. Per ora resterò fiducioso che La regina dei castelli di carta potrebbe bastare a questo scopo!

mercoledì 14 maggio 2014

Nei mari del sud - William Somerset Maugham

Nei mari del sud, journal.

Nei mari del sud è una miniraccolta di due racconti, Mackintosh e Honolulu.
L'ambientazione sono le Hawaii degli anni '20, prima dell'annessione agli Stati Uniti, quando ancora ogni isola era governata come un piccolo regno indipendente, e un governatore illuminato o dispotico potevano fare una grande differenza per la vita degli isolani.

Mackintosh ci parla del rapporto ambiguo tra un vecchio amministratore (Walker, il Mackintosh del titolo è il suo assistente e narratore) e la sua isola. Il desiderio di migliorare la vita degli indigeni, di costruire strade, di renderla più produttiva ed attraente, ma senza riuscire a spiegare questa sua passione a chi gli sta attorno. Apparendo dispotico e crudele ai suoi "figli" morali, che non hanno bisogno di spiegazioni ma di disciplina.
Il racconto è un crescendo di tensione tra l'amministratore sempre più odiato e costantamente ignaro dei cambiamenti sociali in corso dovuti al contatto con le altre isole, fino ad arrivare alla rivelazione e redenzione finale, per evitare il sacrificio e la punizione dei figli ribelli che l'hanno attaccato, ma senza capirne le conseguenze.

Honolulu ci parla della città, invece. Moderna, aperta al mondo, all'immigrazione da ogni angolo del mondo, ma ancora ricca del suo passato e delle sue tradizioni. Ci viene mostrata l'apertura con cui si sono fuse culture asiatiche, europee, locali, senza l'oppressione tipica e senza lotte per imporne una come dominante.
La superstizione che muove i personaggi è basata sul folklore locale, ma questo non impedisce a tutti di esserne influenzati ed intimoriti.
Honolulu non ha la presa del primo racconto, sembra un po' un lato B della raccolta, ma Maugham ha uno stile davvero piacevole, vive con molta intensità l'atmosfera delle Hawaii, anche se non mi spiego perché, non sembra averci vissuto per un periodo di tempo rilevante o avere dei legami speciali, a giudicare dalle sue biografie.

martedì 13 maggio 2014

Notte eterna - Guillermo del Toro, Chuck Hogan

Urania Horror 5, Marzo 2014

Sono trascorsi due anni da quando il virus diffuso dai vampiri ha invaso il mondo, che è ormai sull'orlo della distruzione. Il Padrone, il potentissimo capo degli strigoi, dopo aver annientato qualunque forma di resistenza da parte degli umani, ha rinchiuso in vasti campi di prigionia i sopravvissuti. A guidare i ribelli è una banda improvvisata di combattenti: Ephraim Goodweather, capo dell'Ente controllo e prevenzione malattie infettive, la dottoressa Nora Martinez, il disinfestatore russo Vasiliy Fet e il misterioso signor Quinlan. Le creature del male sembrano avere vinto su tutti i fronti, ma anche il Padrone ha un punto debole e solo un uomo è in grado di approfittarne. Ci si potrà fidare di lui?
Epica conclusione della trilogia "Nocturna", Notte eterna è una storia di pura adrenalina, tra scenari cupi e spiazzanti, in cui pochi eroi di tragica grandezza tengono alta la fiamma della speranza per aggiudicarsi l'ultima, imprevedibile mano di una partita decisiva.

Stazione, a Milano. Tanta gente che mi confonde. Volevo l'ultimo Urania che a Pisa sembrava non arrivare anche se era già metà mese. "Figuriamoci se a Milano non l'hanno già distribuito!" e lo chiedo fiducioso all'edicolante. Mi porge questo volume, senza esitare, ed io sciocco mi fido.

Mi trovo in mano un Urania Horror, fuori collana, uscito da un po', ma che non avevo mai letto. Un terzo volume di una serie di tre. Sigh. Ma ero senza libri da leggere e con l'ebook reader semivuoto e triste, quindi l'ho provato comunque, ed a posteriori... è stato un buon errore!

La storia di Notte Eterna si regge bene da sola, non si fa alcun riferimento ai due libri precedenti (che comunque mi procurerò), che diventano semplicemente l'ambientazione di questa storia, già statica ed appurata. Allo stesso modo i personaggi e la loro storia vengono ripresentati con garbo e senza l'effetto "nelle puntate precedenti".

Un vampiro, il Padrone, ha preso il controllo di tutta la terra, in modo sistematico e matematico. Dopo aver aspettato per anni aspettando le condizioni propizie e calcolando il giusto rapporto tra vampiri, umani, umani da sangue e milizia. Un vampiro intelligente e pianificatore è molto più spaventoso del vampiro bestiale interessato a nutrirsi e riprodursi, ciecamente e senza un piano, ed è ancor più difficile da combattere e anticipare.
(Niente vampiri luccicanti, in caso ve lo chiedeste. Vampiri brutti, morti e repellenti, con un lungo pungiglione stile zanzara che esce dal collo per iniettare i parassiti vermiformi che trasmettono l'infezione. Una delle rappresentazioni/interpretazioni meno invitati che io abbia mai letto riguardo ai vampiri.)

I protagonisti sono umani, deboli, il Padrone ha delle leve su di loro, per trattenerli e limitarli. L'uomo è senza speranze in questo mondo, può essere schiavo o morire. L'unica ancora di salvezza è un mezzo vampiro leggendario che aiuta la resistenza, in cambio del più classico testo sacro antichissimo, che un po' alla volta viene tradotto e ci svela la nascita della stirpe di vampiri, con precisi riferimenti e reinterpretazioni bibliche.
Ammetto di apprezzare molto le mitologie ben costruite nei romanzi fantasy, e trovarne una di un buon livello in un libro horror è davvero raro. Sono sicuramente tra i capitoli di qualità migliore, intelligenti e ben architettati.

Se riuscite a procurarvi la trilogia, merita un pensiero!

sabato 10 maggio 2014

Miele - Ian McEwan

Miele, journal.

Miele è un bellissimo gioco di narrazione nella narrazione. Un Rosencrantz e Guildenstern sono morti della letteratura anziché del teatro.

La protagonista è Serena Frome (che come insistentemente tutte le recensioni, quarte di copertina, commenti al libro ci fanno notare, perché per qualche ragione è piaciuto questo tocco... fa rima con Plume). Seguiamo la sua storia, la famiglia che la spinge a degli studi non adatti a lei, la relazione con un professore molto più anziano ed il conseguente arruolamento nell'MI5 (Military Intelligence 5, i servizi segreti britannici).

Le sue prospettive di carriera sono minime, essendo donna e negli anni '70, in un ambiente ancora rigorosamente maschile. Le missioni che le vengono affidate sono di bassissimo livello e non fanno che abbattere la sua autostima. Tutto ciò che impedisce a Serena di andare a fondo sono le sue letture.

La svolta è la missione Miele, un progetto che vuole selezionare scrittori in crescita con idee approvate ed apprezzate dall'MI5, da finanziare con denaro pubblico in modo da lanciarli.
A Serena viene affidato uno di questi candidati, Tom Haley. Lo studia, lo analizza, e restano convolti in una relazione basata sulla menzogna iniziale di essere la rappresentante di una fondazione culturale e non un agente dell'MI5. La menzogna fa quello che riesce tanto bene alle menzogne, cresce, si gonfia, diventa purulenta e pericolosa fino ad esplodere.

Lo stile è prolisso, le scene poco credibili e forzate, ma si viene davvero avvinti dalla storia. Le letture di Serena, i racconti di Tom che legge, le bozze dei suoi romanzi, gli articoli, ci vengono proposti integrati nel romanzo in maniera stranamente naturale e piacevole (più piacevole della storia in sé).
Tutto si risolve nel capitolo in un esercizio di prospettiva, inaspettato, che sorprende senza mezze misure. Pone delle domande ("Com'è possibile?" "Come poteva saperlo?" "Chi?"), che trovano risposte precide ed efficaci nel giro di pochissimo.
Arrivato alla fine ero medio-soddisfatto della mia lettura, poco incentivato a cercare altro di McEwan. A posteriori, invece, non avevo capito cosa stava facendo alle mie spalle, preparando un gioco in inganni ed ingannati in cui ci sono lettori ad ogni livello della narrazione.

mercoledì 7 maggio 2014

Doctor Sleep - Stephen King

Ci sono tre King.
Il primo, che adoro, scrive storie naturali, che scorrono piacevolmente, si fanno divorare, senza neppure lasciare un senso di vuoto o incompiutezza quando sono finite.
Il secondo è il King che vuole scrivere ad ogni costo, con trame studiate a tavolino, un po' artificiose. I romanzo che sono intimamente convinto essere opera di ghostwriter, anche se non si può insistere a riguardo.
Il terzo è quello giovane e con delle idee ancora confuse su cosa crei le giuste atmosfere. Shining è di questo genere, esasperante lento ed eccessivo. I tomi fantasy (esclusi Gli occhi del drago, che è più favoleggiante) sono in questa categoria, per una sorta di immaturità tardiva dovuta al cambio di genere.

Da molto tempo non mi capitava di leggere un romanzo di King del primo tipo, e neppure me lo aspettavo, essendo un seguito (poco ispirato?) ed avendo visto commenti mediamente negativi.

Invece c'è tutto. Il mondo di Shining si amplia in maniera naturale (le piccole incongruenze si possono giustificare senza danni con un narratore non affidabile in Shining, in fondo era un bambino), non è più il bambino contro degli orrori del passato, ma contro gli orrori del presente, con un ruolo attivo anziché da ombre-trappola che si limitano ad aspettare e chiamare a sé le loro vittime.

Dan, sopravvissuto all'Overlook Hotel, è diventato un alcolizzato nomade come il padre, per soffocare la luccicanza. Ma proprio la luccicanza nella sua incarnazione classica, l'amico immaginario Tony, lo spinge a fermarsi in uno specifico paese e ad impegnarsi per rimettere in sesto la sua vita.

I nuovi personaggi sono Abra, una ragazza dotata di una fortissima luccicanza. Dan diventa il suo mentore, in una nuova incarnazione morale di Dick Hallorann, cuoco dell'Overlook che lo era stato per lui al tempo, e gli aveva anticipato che prima o poi sarebbe stato il suo turno.

Il nuovo cattivo è il Vero Nodo, una compagnia nomade di "vampiri di luccicanza", che vive sulla strada sempre a caccia di stragi di cui nutrirsi o di bambini da torturare e rapire.

La storia è un gioco ad incastri perfetto. Non c'è nulla di horror, niente dell'atmosfera frenetica e fuori controllo che caratterizzava Shining. Dan e Abra sono più potenti, più organizzati e sempre un passo avanti al Vero Nodo, anche nei momenti più disperati. Di solito questa supremazia dei personaggi con cui ci si immedesima leggendo, è indice di un libro noioso ed un po' scontato. In questo caso è solo un costante senso di esaltazione che non scende mai di livello.

Capisco le critiche degli amanti di Stephen King horror ad ogni costo, sarà stato una delusione enorme, ma io posso solo ammirare una tecnica perfetta, che fa impallidire i suoi romanzi più "spontanei" degli esordi.

venerdì 2 maggio 2014

Shining - Stephen King

È passato molto tempo dalla mia prima lettura di Shining.

L'ho ripreso in mano perché mi incuriosiva Doctor Sleep, un seguito nato a distanza di anni che amplia la mitologia già esistente, e pensavo che mi sarei perso molti dettagli, non ricordando benissimo Shining.

Un po' mi ha deluso, la profondità dei primi romanzi di Stephen King c'è tutta, i personaggi approfonditi e studiati in maniera morbosa, capitoli dedicati ad eventi significativi, legami, storia, infanzia dei personaggi, perché prendano vita senza sforzo. Un tempo apprezzavo di più questo tipo di narrazione, ora mi sembra che l'eccesso di dettagli impedisca di arrivare alla storia vera. Mi sembra che uno, due, tre capitoli passati a descrivere l'infanzia di un personaggio solo per giustificare un'azione o un tick nel presente, non valgano davvero lo sforzo. Non penso più che tutto vada giustificato.

Allo stesso modo in cui mi sembra lento questo processo di caratterizzazione, mi è sembrato eccessivamente rapido il cambiamento di personalità di Jack posseduto dallo spirito dell'albergo. Ricordavo un passaggio graduale, mentre è molto più simile ad un interruttore che scatta di tanto in tanto. Sempre più acceso ma senza stadi intermedi. Questo effetto rende molto difficile sentirsi coinvolti nella pazzia omicida (o forse è voluto, farci partecipare solo nel ruolo di vittime?)