martedì 8 maggio 2018

È ricca, la sposo e l'ammazzo - Jack Ritchie

Non conoscevo Jack Ritchie e non mi spiego perché. Nella presentazione c'è una sua citazione, in cui dice che se avesse scritto lui Guerra e Pace, sarebbe entrato sul retro di una cartolina senza perdere nulla del contenuto. Mi sembrava un'esagerazione. Dopo aver finito questa raccolta potrei quasi credergli.
Ogni racconto si regge su una singola semplice idea. Un meccanismo semplice, qualcuno che scappa, qualcuno che pianifica un crimine. A volte il protagonista è un criminale, a volte un truffatore, a volte una vittima, ma è sempre una persona intelligente oltre ogni limite, un passo avanti in astuzia e pianificazione rispetto a tutti quelli che lo circondano, incluso il lettore in gran parte dei casi.
Non ci sono sbavature, i piani funzionano e quando non funzionano è una scelta deliberata, un cambimento in corso d'opera per assecondare delle nuove priorità (come succede nel racconto che dà il nome alla raccolta, forse il più famoso per via dell'adattamento cinematografico).
Non guasta che in questi piccoli rompicapo perfetti, ci dipinga un'America vintage che va a pescare in quel nostro immaginario complesso dei film degli anni '50 e '60, un'America fatta di paesini, lavoratori, piccole aziende a conduzione familiare in cui il sogno americano è ancora vivo, tutti si vogliono far strada nella vita con intelligenza, fatica e lavoro. Qualcuno ci riesce a discapito degli altri, e in questi fallimenti, in queste crepe nel sogno si infilano i personaggi di Ritchie per trarne il massimo beneficio con il minimo rischio.
Non ci sono racconti sottotono, non ci sono un Racconto e una coda di qualità inferiore. Forse perché c'è stata a monte una selezione feroce su una produzione vasta, forse perché Ritchie riesce a garantire questa qualità costante, non lo so e non mi importa, visto il risultato finale.

giovedì 3 maggio 2018

Dal tuo terrazzo si vede casa mia - Elvis Malaj

Ho comprato questo libro dopo una presentazione incredibilmente noiosa al Pisa Book Festival. Mezz'ora di lettura in cui la mente mi si è spenta e in cui ho rimpianto le presentazioni che usano un lettore in grado di agganciare il pubblico.
Però mi sembrava promettente e mi sono ripetuto "un buon autore non è quasi mai un buon lettore, non giudicarlo, non scappare", ed eccomi qua nove mesi dopo (a tempo di record per la mia coda di letture).

La raccolta è potente, racconta piccole storie con un sapore autobiografico ma che chiaramente non lo sono. L'autore è albanese è attorno a questo senso di identità si muovono anche i suoi protagonisti.
 Mi aspettavo racconti di integrazione, di scontri di culture, ma quello che ho trovato sono al massimo degli attriti tra culture. L'essere albanese non come un ostacolo, ma come una ricchezza che i personaggi hanno nel loro mondo. Essere albanese apre porte, fa trovare aiuti, rende esotici e attraenti, rende pericolosi in maniera seducente. I personaggi dei racconti giocano con la loro identità, ne sono consapevoli in ogni momento, ne gestiscono le ombre e ne amplificano le luci.
Mi aspettavo storie aliene, mi sono trovato calato in ambienti familiari e vicini alla mia esperienza.
Mi aspettavo una certa serietà, un approccio duro alla narrazione, ho trovato ironia e grande senso critico sia verso la cultura italiana, che verso la cultura albanese, che verso quel mischione confuso che ne è nato negli ultimi decenni.

È una raccolta di racconti che merita di essere letta e diffusa. Ho fatto bene a non farmi scoraggiare dalla presentazione.
Chiamate dei lettori professionisti per le letture. Davvero.