giovedì 31 luglio 2014

Animorphs #1, The invasion - K. A. Applegate

Animorphs #1, L'invasione.

Il primo epico libro della serie degli Animorphs, che avevo adorato alla prima lettura, ma avevo interrotto perché la mia libreria non era in grado di procurarmi in maniera regolare i seguiti.

Una lotta tra alieni cattivi (Yeerk) che controllano i corpi altri ed alieni cerviformi buoni (Andaliti) che li combattono in tutta la galassia.
Cinque ragazzi vengono coinvolti loro malgrado da un Andalite morente, che prevede un brutto futuro per la terra e consegna loro un potere per resistere in attesa dei rinforzi dallo spazio.

Il potere è quello del titolo, assorbire DNA animale e potersi trasformare liberamente in qualsiasi forma abbiano appreso.

Certo, la storia è molto ingenua e soffre della Sindrome di Stargate (arrivi su un pianeta e tutto ciò che c'è di rilevante è raggiungibile in una passeggiata di mezz'ora). Tutto succede nel paese dei protagonisti, gli alieni cattivi che permettono di infiltrarsi nella struttura Yeerk sono il fratello di uno dei ragazzi ed il vicepreside della loro scuola. Facili da spiare, facili da avvicinare. La vasca di riproduzione aliena? Sotto alla città.
Se fossi un alieno cattivo ed intelligente avrei almeno due vasche, una nel paesello americano ed una in una zona rurale e isolata della Cina (o in Corea del Nord, a voler essere perfezionisti), così distraggo il romanziere di turno mentre il mio piano vero procede senza intoppi!

In The Invasion ho trovato l'eccitazione che ricordavo dello scoprire nuovi poteri, dello svilupparli poco alla volta vedendone le potenzialità. Era qualcosa di nuovo e stravagante e mi ha fatto scoprire indirettamente il mondo dei fumetti americani di supereroi, simile come struttura delle storie ma infinitamente più complesso (e coerente).

lunedì 28 luglio 2014

La mano sinistra di Dio - Jeff Lindsay

Avevo letto La mano sinistra di Dio prima che diventasse una serie tv, ed ero curioso di rileggerlo ora che è terminata e posso ripercorrere il libro alla luce di come è stato reinterpretato ed evoluto.

Non è il capolavoro che mi aspettavo e ricordavo. Il passeggero oscuro che mi aveva così colpito in una prima lettura, sembra più ingenuo e molto meno radicale che nel telefilm. Dexter si sbrola troppo e troppo a lungo con il non essere umano, essere freddo, essere senza emozioni, ma in realtà ogni scelta critica del romanzo è guidata proprio da queste emozioni che nega di avere.

Anche se la trama è debole e non è presentata come se fosse un giallo onesto, è comunque un esperimento notevole, un'indagine sulla mente umana e sui suoi istinti peggiori. Merita di essere letto da ogni amante del genere.

Alla luce della serie tv e del grande lavoro che ha fatto sui personaggi, tutti sembrano caricature, marionette pazze, in questo romanzo. La Guerta un'idiota che pensa solo alla politica, Deborah una frignona senza speranze, Doakes un tizio paranoico ed iperaggressivo senza uno scopo preciso a parte sembrare l'ovvio-ma-ovviamente-sbagliato sospetto per il lettore, per un po', lo stesso Masuka con la sua ironia.

sabato 26 luglio 2014

La cerimonia del massaggio - Alan Bennett

La cerimonia del massaggio, journal.

L'umorismo di La cerimonia del massaggio è molto sottile, raffinato. Uno stile più simile a quello dei racconti da rivista che a quel che ci si può aspettare da un romanzo.

Padre Joliffe, un sacerdote di rito anglicano, deve celebrare la commemorazione per Clive, massaggiatore delle star, morto in un paese straniero in circostanze non chiare, per un pubblico di personaggi pubblici di ogni campo, che scoprono di essere stati tutti clienti dello scomparso.

Il punto di vista è doppio, Joliffe che vuole raccontare del suo rapporto personale con il massaggiatore, come abbia cambiato il suo rapporto con la socialità e l'abbia aiutato ad accettare la sua omosessualità, contrapposto agli occhi di Treacher, inviato per valutare la prestazione di Joliffe nel celebrare un funerale impegnativo e sotto gli occhi dei media, in cui occorre un grande senso dell'equilibrio per non uscire dalla linea che separa spettacolo e religione. Per accontentare sia Dio che i presenti.

Il balletto di voci, testimonianze, ammissioni e scandali, continua svelando strato dopo strato la figura di Clive, parlando in maniera molto diretta e aperta dell'AIDS e dell'ignoranza/noncuranza diffusa a riguardo (un tema che non avrei mai pensato potesse essere usato così efficacemente in un pezzo umoristico).

venerdì 25 luglio 2014

Il club dei morti - Charlaine Harris

Bill è stato rapito, Sookie va a cercarlo in Mississipi con l'aiuto di Alcide, al suo debutto nella serie di libri.

In questo romanzo vediamo un Bill anomalo, vapiro ultrasecolare ma geek dei computer, intento a compilare un database/censumento dei vampiri americani, che diventa merce preziosa tanto da mettere in pericolo la sua vita.

Pur poco credibile come caratterizzazione, rende Bill estremamente più umano e ancora più improbabile del vampiro Bill che conosciamo da True Blood.

Eric e Alcide che duettano per le attenzioni di Sookie, finendo per riportarla tra le braccia di Bill, sono l'attrattiva principale, una continua vena comica ben integrata nella trama.

Per la prima volta viene introdotta Tara come personaggio di rilievo, anche se non l'amica di lunga data di Sookie che ci si aspetta, con il suo compagno vampiro che immagino giocherà un ruolo più avanti nella serie.

Sono contento che Charlaine Harris abbia abbandonato lo stile multitrama (che non gestiva benissimo) per tornare ad una storia lineare, un solo problema su cui concentrarsi e da raccontare.

mercoledì 23 luglio 2014

Una fra tante - Emma

Audiolibro su LiberLiber
Testo su LiberLiber

Una fra tante è un libro di critica sociale di fine '800, forse non adattissimo ad essere ascoltato come audiolibro, perché alcuni capitoli meno narrativi meritano di essere letti con una certa calma, per poter riflettere.

L'autrice racconta la storia di Barberina, appunto, una ragazza fra tante, che si trasferisce dalla campagna alla città in cerca di lavoro e viene presa a servizio in una famiglia di commercianti.
Perso il lavoro si trova senza appoggio in una città ostile, finendo a sua insaputa in un bordello, costretta ad accettare abiti, vitto, alloggio, e trovandosi indebitata e costretta ad accettare quella vita.

Dopo abusi e pressioni finisce in ospedale, dove riesce a fuggire e tornare al suo paese natale grazie all'intervento e complicità delle monache che assistono i malati e di un prete.
La critica è al Regolamento Cavour, che regolamentava le case chiuse in una sorta di trappola a senso unico. Qualsiasi ragazza vi entrasse era schedata a vita e si trovava in condizione di schiavitù virtuale, senza speranze concrete di cambiare vita.
Anche in casi come quello raccontato, in cui Barberina riesce a fuggire, resta per sempre lo stigma di aver vissuto in una casa chiusa e il pericolo di venir rintracciata per riscuotere il " debito" che da subito era stato usato per vincolarla.
La prostituzione come libera scelta non viene mai criticata o sostenuta esplicitamente, l'autrice è molto attenta a non prendere mai posizione, pur presentando le visioni maschili (un po' generalizzate, ma si sopporta), cristiane, legali, morali.

Apprezzo molto la critica di naturale sociale e umana, mai eccessivamente religiosa, nonostante l'epoca. I religiosi che intervengono nella vita di Barberina non sono mai mossi dal loro ruolo ufficiale, che anzi imporrebbe loro di restare nella legalità, riportando Barberina alla sua schiavitù.
Il distaccarsi delle idee femministe da quelle cattoliche permette una critica molto più dura, tagliente e più adatta a fare presa.

sabato 19 luglio 2014

Fiori per Algernon - Daniel Keyes

Charlie è un ritardato, ha un quoziente intellettivo molto basso ma ha un grande desiderio di imparare e migliorare se stesso. Frequenta una scuola ed ha imparato a leggere e scrivere nonostante le difficoltà.

Quando si presenta l'occasione di fare da cavia per un'operazione sperimentale in grado di renderlo più intelligente, si offre volontario senza ripensamenti.

Fiori per Algernon è il diario di Charlie, in cui annota come sta vivendo il periodo di crescita intellettuale successivo all'intervento.
Lo seguiamo migliorare il suo stile di scrittura ed aprire gli occhi sul mondo.
Le persone che non riusciva a capire ed interpretare in precedenza iniziano a sembrargli sempre più chiare, crudeli ed ostili nei suoi confronti, tante memorie felici vengono reinterpretate come prese in giro e cattiverie.
Charlie analizza alla luce della sua nuova intelligenza il suo passato, rendendosi conto per la prima volta delle discriminazioni subite, nonostante "fosse anche lui un essere umano", ed inizia a combattere per questo diritto, per non essere più una semplice cavia.

Nei vari momenti di crescita dell'intelligenza Charlie passa ciclicamente da fasi in cui pensa di sapere tutto, di capire ogni cosa, a fasi in cui gli si illumina una macrostruttura su quel che ha appreso, permettendogli di salire di un nuovo livello. La descrizione di queste crescite cicliche e del disagio che creano, allontanandolo dalle persone che gli stanno attorno, che ha avuto appena il tempo si sfiorare come intelligenze alla pari, sono forse i momenti più toccanti.

L'altro grande tema del romanzo è il rapporto di Charlie con le donne.
Dapprima questa attrazione viene mediata dal suo rapporto affettivo con il topolino Algernon, anche lui sottoposto all'esperimento, che Charlie rapisce e salva dal laboratorio, vedendo in lui un miraggio del suo futuro.
La crescita di questo legame viene specchiata da una apertura ai rapporti umani, alle donne che frequenta, in laboratorio o nella vita personale. La sua attrazione ed i suoi istinti sono repressi a causa della madre e risalgono prepotentemente quando si trova ad affrontarli anziché canalizzarli in Algernon.
Solo quando riuscirà a superare questi blocchi e a vivere per un breve periodo una vita sentimentale onesta e aperta, avrà il coraggio di affrontare la madre e la sorella che non vede da quando era bambino.

Fiori per Algernon è toccante, struggente a volte. Viviamo con Charlie il dramma della stupidità e poi dell'intelligenza. Il primo distruttivo in maniera passiva, il secondo in maniera attiva, perché solo l'alcol e lo stordimento conseguente permettono a Charlie di rapportarsi serenamente alle persone che frequenta, a liberarsi del senso di dissociazione tra il sé attuale ed il vecchio Charlie.

Daniel Keyes è uno psicologo come formazione e si sente molto nella narrazione.
Apprezzo che abbia scritto un romanzo di fantascienza non parlando di antimateria, motori a singhiozzo ionico e cose di cui non capisse davvero la logica, ma basandosi sul lato umano delle storie, sul lato psicologico ancora più spesso. Essendo il suo elemento, il risultato è coerente ed avvincente, senza pecche (se non quelle dovute al tempo, dato che molti assiomi della psicologia di 60 anni fa sono stati dismessi).
Gli si perdonano persino i tentativi di educare i lettori sui meccanismi della psiche umana spacciati qua e là per ragionamenti di Charlie. Purtroppo spiccano molto perché in tutto il resto della storia viene usato uno stile asciutto ed essenziale, in cui non viene raccontato nulla di superfluo, mettendo eccessivamente in evidenza l'Angolo delle Curiosità.

La traduzione in italiano penso faccia perdere molto al romanzo. La scrittura frammentata e piena di errori di Charli ad inizio libro non è credibile ed è molto disturbante. Gli errori non sono quelli comuni che ci si può aspettare da chi non sappia scrivere bene, a volte sembrano non essere stati "pensati" con attenzione. L'uso di termini colti o di un vocabolario complesso "sotto" agli errori, li rende ancora più ridicoli. Il Charlie che ci viene descritto avrebbe usato parole più semplici.
Lo stile "sotto" agli errori cambia in maniera troppo lieve con l'esplodere delle sue capacità, dopo l'apprendimento di dozzine di lingue e l'assorbimento di tutta la letteratura a cui avesse accesso. Questo non è ragionevole.
 
Fiori per Algernon ha vinto uno Hugo Award sotto forma di racconto, poi espanso alla dimensione di romanzo, premio Nebula questa volta. Penso che il tipo di storia raccontato fosse molto più adatto ad un racconto, più rapido e con meno spazio per l'intrusività dell'autore sotto forma di informazioni forzate di psicologia.
Il romanzo censura anche diverse scene più esplicite riferite alla pubertà di Charlie che avevano causato un certo scandalo al momento della pubblicazione. Purtroppo senza quelle scene perde di senso la relazione tra Charlie, la madre e la sorella, e diventa meno comprensibile la ragione per cui hanno voluto allontanarlo da casa perché lo consideravano un pericolo. Le ragioni alternative sono deboli e decisamente l'anello logico debole di tutto il romanzo.
Vale la pena iniziare la lettura dal racconto, a costo di qualche spoiler sugli sviluppi della trama.
In italiano lo potete trovare nell'antologia di racconti Le meraviglie del possibile, una delle poche incursioni Einaudi nel mondo della fantascienza, insieme ad un buon numero dei migliori racconti classici, oppure nei Classici Urania 201 I premi Hugo 1955-1962, del Dicembre 1993.

mercoledì 16 luglio 2014

La sciamana di Chatsil - Kim Tong-ni

La sciamana di Chatsil, journal.

Kim Tong-ni con questo romanzo, ci immerge nella cultura unica della Corea degli anni '30, in cui convivono le pratiche sciamaniche, il buddismo, il taoismo e il più recente cristianesimo, a volte in conflitto tra loro, ma più spesso in coesistenza.

Questa coesistenza viene turbata quando Eul-Hwa, sciamana di successo, ritrova il figlio Yongsul. Avendolo lasciato anni prima ad un convento buddista perché avesse una buona educazione, si sorprende di trovarlo convertito al cristianesimo.

Yongsul è tornato per convertire la sua famiglia alla "vera religione" e si trova coinvolto con la madre in un tiro alla fune per la fede della (ignara e vagamente noncurante) sorella minore.

Le dinamiche famigliari vengono approfondite in maniera piacevole e garbata, a partire dalle vicende che hanno portato la madre sulla via dello sciamanesimo e i rapporti con la sua maestra spirituale, fino al racconto della conversione del figlio.

Mi stupisce una visione pro-cristiana, con il figlio che viene presentato come il più ragionevole ed onesto dei personaggi, aperto e disponibile ad interpretare e cogliere ogni aspetto positivo dello sciamanesimo. Mai intransigente e pronto ad accettare ogni buon insegnamento e valore tradizionale.
Mi fa sentire un po' ingannato, perché mi aspettavo una presa di posizione netta in favore delle religioni locali, contro quella invasiva e molesta.

L'impatto culturale per il lettore italiano, a digiuno di cultura coreana, è impressionante; mi ricorda le mie prime letture di autori giapponesi, intrise di cultura tradizionale e dall'apparenza inestricabile, di citazioni e riferimenti quasi casuali che faticavano a riordinarsi in maniera sensata. A posteriori mi sembrano molto più chiari, ma ho ancora ben presente il senso di estraneità che mi davano. La Corea è un altro mondo, con tradizioni ben caratterizzate e schematizzate, che ricorrono naturalmente nella vita e nelle abitudini di una sciamana. Le storie che racconta durante i riti sono dei piccoli spaccati di leggende difficili da interpretare ma con un grandissimo fascino, grazie alla loro origine variegata.

La traduzione è un po' traballante, a volte una nota a dei termini coreani sarebbe preferibile a delle scelte quasi comiche come il "miglio glutinato e non" nella cantilena sciamanica. Rovina l'atmosfera!

lunedì 14 luglio 2014

Il lupo della palude - R. L. Stine

Piccoli Brividi #14

Perché a volte ti trovi in mano un libro dei Piccoli Brividi e l'infanzia ti colpisce a tradimento costringendoti a leggerlo per controllare se è appassionante come lo ricordi!

Non proprio, ma sono comunque una lettura per ragazzi dignitosa.
Continuano a non fare paura (vorrei ben vedere!), ed ora apprezzo molto di più l'effetto dei colpi di scena alla fine di ogni capitolo che vengono risolti in maniera comica anziché in maniera terrificante, lasciandoti sempre con un tiro di dado "paura o risate?" che costringe ad andare avanti.

È una struttura molto rigida che da bambino non riuscivo a generalizzare ed apprezzare a pieno.

La storia in sé è banalotta, famiglia con ragazzino di età giusta per sentirsi coinvolti, una palude che i genitori lo invitano ad esplorare (davvero?), un eremita dall'aria cattiva che è palesemente lo specchietto per le allodole che dobbiamo credere cattivo, un unico nuovo giovane amico conosciuto sul posto di cui non ci viene svelato nulla e che sbuca nei momenti meno opportuni, che sembra amichevole sebbene molto insistente durante le esplorazioni della palude.

Chissà chi sarà il lupo mannaro del titolo. L'ovvio eremita pazzo della palude che insegue il protagonista urlando "sono il lupo mannaro!" o l'innocuo insospettabile amico?

sabato 12 luglio 2014

Fantastica avventura - Cristina Coletta

Fantastica avventura, journal.

Il racconto di un sogno, ma diverso da come ci si immagini un sogno abitualmente, molto reale e poco onirico.

È un libro strano, senza una direzione precisa e con dei personaggi ad evoluzione rapidissima e spesso inspiegabile, con delle storie personali spesso inserite a forza per creare dramma.
Inseguo la volpe, caccio la volpe, metto le trappole, catturo la volpe! Curo la volpe, mi affeziono alla volpe.
Sono duro e tormentato. Ma ora riscopro il mio carattere buono che avevo soffocato a causa della mia infanzia dura.

Mi piace molto lo stile, anche se non è coerente per tutto il racconto, ma la trama è davvero poco naturale ed è difficile ignorare l'effetto comico di molte scene che vorrebbero essere profonde e (magari) drammatiche.

venerdì 11 luglio 2014

Gli eletti di Mut - Jean M. Auel

Dopo il primo volume "Brud cattivo, vattene Ayla".
Dopo il secondo volume "Chi accidenti è questo Giondalar?"
Arriva "Ranec muori e lasciali in pace".

Abbiamo appena il tempo di affezionarci al nostro Giondalar nel suo ruolo di guida nel mondo degli umani per Ayla, quando la solita incomprensione di culture si mette nel mezzo costringendoci ad un lunghissimo inverno di incomprensione e mancanza di comunicazione.

Ayla viene adottata da una tribù di Mamutoi, cacciatori di mammut, ed inizia il suo addestramento spirituale, alla ricerca del terreno comune tra le mitologie del Clan e degli Altri. Tra gli altri si promette a Ranec, lo scultore del gruppo, e si allontana suo malgrado da Giondalar, che invece vorrebbe ripartire e pensa che Ayla non desideri continuare con lui il viaggio verso occidente.

L'incomprensione su cui si regge la trama, trascinata fino alla fine del romanzo è esasperante, ci sarebbero mille modi di farla risolvere in maniera delicata e piacevole per il lettore, anziché trascinarla per le lunghe costringendo i lettori ad odiare attivamente il povero Ranec.

Internet per qualche ragione a me ignota, ha apprezzato molto il personaggio di Ranec, più che Giondalar troppo perfetto. In realtà credo sia un effetto collaterale del "trascinamento lamentoso" dell'equivoco, che ci viene sempre mostrato dal lato di Giondalar in pena e sofferente. Il lettore dopo le prime dieci volte inizia a trovarlo scocciante (soprattutto considerato che non fa nulla per modificare lo status quo) e a mal sopportarlo. Ranec d'altro canto è più bidimensionale, fedeltà assoluta, dedizione perfetta, grande pazienza. Non tenta di imporsi, si rende appena conto del suo ruolo di cattivo disturbatore. È ingenuo ed indegno dell'attenzione che riceve.

La scena degna di nota del libro è l'attacco di Piccolo al raduno d'estate. Valeva la pena di allevare un cucciolo di leone solo per per preparare una scena così esaltante e ricca di implicazioni sociali.

La fissazione descrittiva della Auel si concentra molto sulle convenzioni sociali, il prezzo della sposa come misura della desiderabilità sociale, la struttura di gruppi, famiglie, parentele, in una dinamica matriarcale molto interessante e poco convenzionale secondo gli standard moderni.
Ovviamente non si tratta di una ricostruzione storicamente accurata, ma è comunque affascinante esplorare le implicazioni di questa ricostruzione fantapreistorica.

sabato 5 luglio 2014

Freq: Una storia breve - Francesco Roselli


Freq: Una storia breve, journal.

Mettete insieme in maniera "casuale" in un unico racconto:
- vita extraterrestre nel sistema solare
- motori a curvatura
- motori ad antimateria
- universi paralleli
- colonie in giro per il sistema solare
- parole inventate per fare futuro quando esistono già termini adatti in uso (elettrocotteri? Davvero? È un abominio etimologico).
Cosa ottenete? Un racconto di fantascienza degli anni '50? No, quelli erano pieni di classe. Ottenete solo confusione priva di una meta.

Se ti servono delle grosse trivelle per usare un'idea carina, metti delle grosse trivelle nel tuo racconto e non spiegarle. Nessuno lo metterà in dubbio.

Se le vuoi spiegare le grosse trivelle con una grande eruzione che colpisce una civiltà basata sull'energia solare, costringendo a ricorrere all'energia geotermica, allora non ignorare tutte le altre conseguenze, estinzioni di massa, carestia, disordini e decimazione della popolazione che sono inevitabili. Se poi nella tua ambientazione non succede, ma ormai hai buttato l'amo dell'ambientazione, due parole di spiegazione su come sia stato possibile superare questa fase sono buone e utili.

Anche supponendo una ragionevole ripresa della razza umana in una decina d'anni, con la costruzione di impianti geotermici sotterranei capaci di soddisfare il fabbisogno energetico di tutti i sopravvissuti, però, non continuare con la storia dando per scontata la colonizzazione dell'intero sistema solare, perché è semplicemente stupido come abbinamento. Il collegamento tra le eruzioni e le trivellazioni funziona solo e soltanto supponendo gli umani vincolati ad estrarre energia restando sulla Terra! Se hai una colonia sulla luna, li metti lì i pannelli solari, oppure in orbita, oppure ti ingegni un po' e non sei troppo lontano tecnologicamente dal poter costruire una sfera di Dyson, anche parziale.

Come mi giustifichi il senso di andare a trivellare su Titano, una palla di ghiaccio gelata? Titano ha mari di idrocarburi. Bruciali se proprio ci tieni a produrre energia e soltanto lì.

La Hard-core Scifi forse è stata una scelta difficile per esordire, bisogna sapersi destreggiare un po' meglio nel "proprio" mondo, per riuscire a mantenere la sospensione dell'incredulità nel lettore. Il prossimo tentativi andrà meglio!

martedì 1 luglio 2014

La valle dei cavalli - Jean M. Auel

Nel secondo volume della saga de I figli della terra seguiamo Ayla, uccisa ritualmente dal clan, mentre vaga alla ricerca dei suoi simili, seguendo le ultime istruzioni di Iza.

Ovviamente non va tutto come previsto, e si trova a vivere in una valle isolata, costretta a sopravvivere da sola.
Ayla si trova costretta ad inventare metodi di caccia per sopravvivere all'inverno, a capire come conservare il fuoco (e poi come accenderlo facilmente), i suoi progressi solitari si spingono fino all'addomesticamento, prima di Hinni, la puledra figlia della sua prima preda nella valle; fino a Piccolo, un cucciolo leone delle caverne che salva da una brutta morte, cura, nutre e con cui poi impara a convivere e cacciare.

Intanto nei capitoli dispari leggiamo la storia di due tizi di cui (per ora) non ci importa nulla, Giondalar e il fratello, che viaggiano verso est, incontrano tribù, fanno cose, e si rendono mediamente antipatici al lettore che vuole solo sapere di Ayla. Sapendo benissimo che sono destinati ad incrociarla prima della fine del romanzo, ci si sfinisce un po' a vederli tentennare, perdere tempo e rimandare le partenze, per qualcosa come tre anni di narrazione troppo dettagliata.

Arrivati all'incontro fatidico, uno dei due per fortuna muore, mentre l'altro si assume il compito di preparare Ayla in maniera non traumatica al rientro nella società Cro-Magnon, le insegna a parlare, a liberarsi delle sue abitudini da testapiatta, la prepara anche agli aspetti della società negativi e razzisti che la aspettano in quanto adottata dai testapiatta (il clan) e addirittura madre di un figlio mezzosangue.

Il romanzo è piacevole, non tanto a sé ma come preludio a qualcosa di più grande che per ora viene solo promesso. Come rullo di tamburi per la presentazione di tante meraviglie, innovazioni, idee, tutte incarnate da un'unica protagonista che il lettore supporta incondizionatamente.

Tre atti e due tempi - Giorgio Faletti

Tre atti e due tempi, journal.

Una storia vagamente improbabile, che sembra un po' a quelle trame dei film per bambini degli anni '90, con adulti ingenui ed un po' creduloni e con i piani del buono che se incontrano un intoppo è solo per farlo sembrare ancora più intelligente. Sembra quasi che le scelte che sciolgono i problemi dei personaggi siano state dettate da una mancanza di idee originali, creando un grande pastone di cliché comico-cinematografici da commedia dell'equivoco, molto poco adatti al pubblico che ha imparato ad apprezzare Faletti ed il suo stile.

Silvano è un ex pugile con una carriera rovinata a causa di uno scandalo per delle scommesse su un incontro truccato, che vuole evitare che il figlio calciatore commetta lo stesso errore, trascinato dagli stessi cattivi soggetti che avevano incastrato lui.

Faletti per sua stessa ammissione, scrive questo romanzo ad ambientazione calcistica senza saperne troppo di calcio. Non pensavo fosse davvero un problema per uno scrittore arrangiarsi, inventare e scrivere di un argomento estraneo, fin'ora, ma si sente davvero molto in Tre atti e due tempi.
I capitoli ambientati nel passato, che raccontano la vita di Silvano, il suo avvicinarsi al pugilato e la sua carriera, sono appassionanti, delicati e profondi. Faletti sembra molto più legato a questo ambiente, come se desiderasse parlarne di più ma si fosse intestardito su una ambientazione che gli è ostile. Questi capitoli finiscono per sottolineare ancora di più la storia un po' grottesca ed improbabile che ci presenta la storia, nel presente.

In molti commenti che ho letto, Silvano-Silver viene definito un antieroe, ma penso si sbaglino. Silvano entra in scena già redento, già legale, già perfettamente a suo agio e pronto a "tradire" il figlio pur di non fargli commettere un reato. Posso concedere al massimo un antieroe dal punto di vista famigliare, ma anche lì cerca sempre di muoversi alla ricerca di un'espiazione.