domenica 1 giugno 2014

Le montagne volanti - Poul Anderson

Urania Collezione 136, Maggio 2014

In un'astronave scavata nel cuore di un asteroide, grande quanto una città, un'intera popolazione è lanciata verso le stelle. Il viaggio durerà più generazioni e saranno figli e nipoti di chi è partito a esplorare effettivamente i mondi raggiunti al termine dell'odissea. Chiusi nel pianetino-astronave, i capi della spedizione discutono su come educare i giovani ad affrontare le prove che li aspettano. La risposta è ovvia: offrendo loro una serie di miti tratti dalla storia di chi ha concepito e reso possibile il volo spaziale. Questo lo sfondo sul quale Poul Anderson ha tracciato lo svolgimento della sua grandiosa epica spaziale, detta delle "Montagne Volanti" con riferimento alla fascia degli asteroidi stesa fra Marte e Giove. La loro conquista è concepita dunque come un'epopea simbolica, in contrasto con la società terrestre invecchiata, vuota d'iniziativa e preoccupata soltanto di conservare stabilità e benessere.

Conoscevo Poul Anderson per i suoi racconti e per il ciclo dei Guardiani del Tempo. Non lo avevo mai visto cimentarsi con della Hard SF, nonostante fosse quella che l'ha reso famoso.

Le montagne volanti, pur essendo una gran bella raccolta di racconti, prova a spacciarsi per romanzo, questo è antipatico.
La linea che li unisce è quella di una discussione interna al direttivo di questa gigantesca astronave ricavata da un asteroide cavo (la montagna del titolo). Devono decidere la storia da insegnare ai loro bambini, cosa esaltare e cosa omettere, per instillare dei valori che permettano loro di sopravvivere in un società chiusa come quella che si va ad instaurare all'interno dell'astronave generazionale.

A turno dei partecipanti alla riunione raccontano una storia del loro passato, partendo dalla guerra di indipendenza della fascia degli asteroidi fino al lancio effettivo della nave, per metterne in luce gli aspetti più umani e guidati da desideri ed aspirazioni poco epici e nobili, ma sicuramente più umani.

I singoli racconti sono delle piccole perle, spaccati meravigliosi di umanità e tecnologia. Ci si tuffa con meraviglia nell'atmosfera di Giove per raccogliere il prezioso gas da raffinare. Si inizia una rivoluzione per non sacrificare il proprio asteroide. Si lotta contro il tempo e la tecnologia per evitare una catastrofe ecologica causata da una nave da trasporto. Si lotta contro la burocrazia terrestre e si scoprono implicazioni ed effetti imprevedibili della sua applicazione pedante da parte di politici interessati alla propria carriera più che al progresso.
Ma trovo abbastanza (molto) abominevole aver cercato di legarli in questa maniera precaria, aggiungendo incongruenze interne nel farlo. L'effetto globale è quello del clip show dei telefilm, con i personaggi chiusi in una grotta a raccontarsi avventure passate, oppure dei Classici Disney delle origini, con le tavole di giunzione alle storie che vogliono idealmente unirle in un'unica meta narrazione.

Le incongruenze aggiunte dagli intermezzi di collegamento sono macroscopici.
Questa nave generazionale arriverà alla sua meta quando i primi coloni partiti dal sistema solare sono ancora vivi ed in forma. Questo vanifica gran parte della sua complessità. A che pro sviluppare una società ed una mitologia interne, se poi sono arrivati dopo non troppi anni? Anni di viaggio non implicano un isolamento totale ed irreversibile come presupposto.
Lo studio di una mitologia ed un programma di educazione adeguato alle dimensioni ed alla struttura della società l'avrei messo sicuramente tra i piani da sviluppare prima di partire, non certo qualcosa da lasciare in mano a dei dilettanti dell'educazione, abituati forse a combattere tra gli asteroidi o a veleggiare tra lo spazio, ma questo dubito li qualifichi per prevedere gli effetti a lungo termine di un loro esperimento didattico.

Forse avrei preferito i racconti secchi, senza contesto o con un contesto che viene liberamente interpolato da chi legge. Avere due pagine dopo ogni racconto che hanno il solo effetto di aggiungere dei problemi... è male.

Per chi amasse il tema delle astronavi generazionali e di come si possa creare una mitologia che permetta ad una popolazione isolata di controllarsi e sopravvivere a lungo termine, voglio ricordare "La città degli Aztechi" (Captive Universe) di Harry Harrison, pubblicato su Urania 858, che affronta questo problema con sensibilità, inventiva e arguzia ben diversa, con soluzioni tecniche ed umane che il nostro consiglio della montagna volante non ha intravisto neppure da lontano.

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