domenica 28 ottobre 2018

Astroincendio doloso - Harry Harrison, Gordon R. Dickson

Esplosione. Incendio. Il transatlantico spaziale è in fiamme. Sull'astroscialuppa di salvataggio duecento uomini di bassa casta e una dozzina di Nareth dell'equipaggio "vogano verso la terraferma". Ma il punto non è di sapere se il carburante sarà sufficiente, se i viveri basteranno, se la rotta è quella giusta... Il punto è di sapere se - come pare - l'incendio che ha distrutto l'astronave è stato provocato intenzionalmente da qualcuno, e se questo "qualcuno" è tra i superstiti... Il thriller che segue porta due firme prestigiose che ci garantiscono uno scioglimento all'altezza della... catastrofe iniziale.
 Urania 727, 17 luglio 1977

Nonostante sia tra i miei autori preferiti, una garanzia sempre, Astroincendio doloso è un Harry Harrison deludente. Forse essendo una collaborazione il suo stile eclettico si è diluito e perso, forse il suo nome è primo, ma ha avuto un ruolo secondario o solo di consulto nella collaborazione.
L'ambientazione è graziosa, i Narith sono una specie aliena la cui religione li spinge a volare nello spazio, a cercare la morte nello spazio in maniera eroica. Viaggiano quindi in navi obsolescenti e pericolose, non cercando attivamente la morte ma non fanno molto per prevenirla.
I Narith hanno trovato negli umani un alleato potente che permette loro di viaggiare di più, di esplorare lo spazio grazie alla manodopera umana in cambio della loro tecnologia avanzata.
Allo stesso tempo la civiltà umana si è divisa in tre caste, i blasonati che sono la nobiltà dirigente, i lavoratori e una sottoclasse ingegnerizzata per essere meno intelligente, da usare per i lavori duri, spesso sulle colonie.
Una nave Narith esplode e su una scialuppa di salvataggio si trovano un Narith e otto umani, di cui uno solo blasonato, che si trova in un ruolo chiave, ad interagire con un membro della polizia galattica, membri della resistenza tra i lavoratori (che lui stesso aveva contribuito a creare in gioventù) e uno degli umani ingegnerizzati che si rivela più sensibile e umano del previsto.

Il romanzo è una palese metafora della civiltà umana, anche i Narith così distanti dal pensare comune hanno un loro equivalente nell'elite della scienza che fatica così tanto a comunicare con la popolazione ed è alienata e incompresa nel suo progredire. Non brilla, non ci sono grossi colpi di scena, non c'è molta tensione. Astroincendio doloso è un'operetta morale ambientata nello spazio in cui tutti i tasselli si muovono nel modo giusto per ottenere l'insegnamento previsto.

domenica 21 ottobre 2018

La pietra sincronica - Jonathan Fast




Una signora stava raccontando a C. G. Jung, il grande psicologo dell'inconscio, di aver sognato uno scarabeo d'oro; nello stesso momento un grande scarabeo dorato venne a sbattere contro i vetri della finestra. Su questa e altre manifestazioni di misteriosa "sincronicità" Jung fonda una sua astrusa (astrusa?) teoria, connessa per un verso con lo Yoga e le filosofie orientali, per un altro con la "pietra filosofale" degli alchimisti, e per un altro ancora con le idee di un suo illustre paziente ed amico, il Premio Nobel per la fisica Wolfgang Pauli. Jonathan Fast - un astro nascente della FS americana - ha ristudiato per conto suo i fenomeni della "sincronicità" e ne ha tratto un romanzo sorprendente, tutto spettacolare e d'azione, che porta la teoria di Jung alle sue ultime e fantastiche (fantastiche?) conseguenze.


Urania 742, 12 febbraio 1978

Premetto che Jung non c'entra molto con questo romanzo, e come sempre le quarte di copertina di Urania si dimostrano solo vagamente attinenti al contenuto.
La storia si legge bene, scorre, le avventure sono tante e molto variegate nello stile di una fantascienza decisamente più vecchia e che apprezzo, dove appena uscito da un problema il protagonista si trova calato in una complicazione completamente diversa, con esperienza, equipaggiamento e amicizie che aumentano e si accumulano col passare delle pagine. Fast ci aggiunge una linea conduttrice che però non fa completamente il suo dovere.
Il protagonista, auto-vendutosi in schiavitù su un asteroide minerario dove deve ripagarsi la libertà fugge, e il suo primo scalo nella fuga è un pianeta di alieni-serpente che hanno scelto la spiritualità alla tecnologia. Sono stati ovviamente schiacciati e distrutti dall'ordine economico che regge la galassia, l'ultracapitalismo. Da quel momento una mano invisibile del destino lo spinge verso la realizzazione di una profezia, guidandolo verso un'antica religione di cui lui è il profeta. Questo destino riesce a legare insieme tutte le avventure dall'aria sconnessa, ma è comunque un modo per barare e non creare una storia coesa. Tutto può succedere, e quel che non ha senso in realtà ha senso perché era destino, perché era stato predetto.
Il messaggio è buono, la tecnologia schiaccia l'animo umano, viaggiate per il cosmo su scale d'oro, ma alla fine del libro resta una brutta sensazione per come ogni pezzo del puzzle torna insieme non perché si incastra graziosamente ma perché viene martellato al suo posto.