Trilogia di Bartimeus #1
Il mondo di Bartimeus è una piccola gemma del fantasy. Spesso la grande pecca delle ambientazioni fantastiche è il funzionamento della magia, troppo elaborato, troppo poco elaborato, ridicolo, surreale, casuale ed inconsistente.
In questo universo la magia funziona in maniera molto lineare. I maghi non hanno potere, ma possono evocare demoni di varia forza da un universo parallelo e asservirli. I demoni in questione sono generalmente invisibili all'occhio umano e quel che fanno viene interpretato come magia dai non iniziati.
L'ambientazione è moderna, ma in un mondo distopico in cui tutta la storia è stata cambiata e manipolata dall'intervento dei maghi. Siamo in una Londra non completamente democratica, con un governo di soli maghi e tutti gli umani normali sono sottoposti al loro potere e alle loro angherie.
La narrazione alterna i due punti di vista di Bartimeus, un demone antico e potente evocato per una questione dall'apparenza futile, il furto dell'Amuleto di Samarcanda del titolo, e di Nathaniel, giovane apprendista mago che lo evoca per una sua vendetta personale.
La storia è abbastanza prevedibile, Nathaniel non ha il controllo completo della situazione, l'equilibro degenera, commette degli errori, si trova invischiato in un complotto troppo grande per lui e deve riuscire a risolvere tutto in un tempo limitato, aiutato solo da Bartimeus che appena lo tollera. Il finale è molto telefonato e si riduce a "il cattivo è stupido e poco incisivo nelle sue azioni".
Nonostante questa debolezza nella storia, lo stile è incredibilmente accattivante e costringe a continuare la lettura, capitolo dopo capitolo, svelando la congiura.
Per introdurci nell'ambientazione in maniera leggera, Stroud sceglie uno stratagemma azzeccatissimo nei capitoli narrati da Bartimeus. Note a pié di pagina con cui il demone commenta il mondo e le usanze umane confrontandole con quelle molto più "logiche" da demone. Si evitano così pesanti paragrafi di info-dump mascherandoli da buffe note comiche che si leggono con grande piacere.
martedì 8 settembre 2015
giovedì 3 settembre 2015
Shenzhen - Guy Delisle
Shenzhen è il primo reportage a fumetti di Delisle. Lo stile è ancora abbozzato e la struttura delle opere successive deve ancora emergere. Non c'è una divisione in piccoli episodi significativi e le piccole trame si confondono tra loro, anche complice una Cina dall'aria molto standardizzata e grigia (come le matite dell'autore) e dai volti quasi deformi delle folle onnipresenti.
Non essendo libero di girare per il paese come nei viaggi al seguito di una ONG, Delisle forse visita meno luoghi interessanti e rilevanti, ma è comunque molto piacevole leggere della vera e propria divisione in caste territoriale, con al vertice le grandi città commerciali, seguite dalle città per gli stranieri, come Shenzhen appunto, quelle per il popolo e le campagne. Un ambiente in cui è difficilissimo risalire verso gli ambienti più benestanti e cambiare di status.
Delisle sembra allo stesso tempo inorridito e affascinato dalla Cina. Sorpreso dall'ospitalità coatta a cui viene sottoposto ovunque vada, dagli sforzi di tutti per comunicare con lui (senza grande successo) e soprattutto dalla completa indifferenza di tutte le persone verso la politica, a parte un brevissimo commento poco prima della sua partenza.
Non è la Cina che ci immaginiamo, è una Cina fatta di persone e di società, più che si storia e tradizioni.
Non essendo libero di girare per il paese come nei viaggi al seguito di una ONG, Delisle forse visita meno luoghi interessanti e rilevanti, ma è comunque molto piacevole leggere della vera e propria divisione in caste territoriale, con al vertice le grandi città commerciali, seguite dalle città per gli stranieri, come Shenzhen appunto, quelle per il popolo e le campagne. Un ambiente in cui è difficilissimo risalire verso gli ambienti più benestanti e cambiare di status.
Delisle sembra allo stesso tempo inorridito e affascinato dalla Cina. Sorpreso dall'ospitalità coatta a cui viene sottoposto ovunque vada, dagli sforzi di tutti per comunicare con lui (senza grande successo) e soprattutto dalla completa indifferenza di tutte le persone verso la politica, a parte un brevissimo commento poco prima della sua partenza.
Non è la Cina che ci immaginiamo, è una Cina fatta di persone e di società, più che si storia e tradizioni.
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