Per un caso curioso, sto leggendo i reportage a fumetti di Guy Delisle a ritroso, passando da uno stile maturo e ben scandito ai primi esperimenti, ancora incerti.
Delisle visita la Corea del Nord non al seguito della moglie (ancora assente), medico di MsF, ma come collaboratore di uno studio di animazione che ha subappaltato alla Corea la "manovalanza" dell'animazione.
Dei tanti paesi con libertà limitate, che ignorano i diritti dell'uomo, reprimono ogni forma di dissidenza, la Corea è quella che più mi ha inquietato. Per la completa chiusura al mondo ovunque non sia necessario, per la rassegnatezza delle persone. Non si parla mai di resistenza, di dissidenza, di tentativi di comunicare con il mondo, di informarsi. Non c'è traccia di quello che ci aspetteremmo da persone costrette a vivere nelle ristrettezze di un regime tanto opprimente.
Gli stranieri provano a fare nulla, ovviamente, perché sono consapevoli di essere in una situazione pericolosa, i nordcoreani a contatto con loro hanno sempre molto da perdere, famiglie, posizione sociale, se lasciano traspirare qualsiasi segno di scontentezza.
Guy Delisle fa un magnifico lavoro nel cercare le crepe in questa facciata lucida e falsa del regime. Scuote chiunque incontri alla ricerca di quell'umanità rinchiusa che aspetta solo un piccolo varco per mostrarsi.
Pensavo che Israele fosse folle, caotica e irrazionale, ma almeno era umana in ogni sua manifestazione.
martedì 25 agosto 2015
giovedì 20 agosto 2015
L'ira di Mulgarath - Holly Black, Tony DiTerlizzi
Le Cronache di Spiderwick #5
Un finale molto sottotono per la saga. Succede tutto quello che deve succede e niente di più. Tutte le trame tornano al loro posto, Mulgarath cattivo sconfitto, maiastrillo redento, i figli perdonati, la madre informata, la zia salvata dall'ospizio, zio Spiderwick liberato dagli elfi. Esattamente quello che ci si poteva aspettare immaginando il finale migliore per ogni personaggio.
Mi aspettavo che uno scontro esplicito tra bene e male portasse ad un aumento di complessità, ad esplorare dei temi morali importanti o almeno a far maturare i personaggi per dare una parvenza di senso alla storia, ma non succede davvero.
Il cattivo stesso non è spaventoso, ma apprezzo il suo narcisismo razziale, che lo spinge a comportarsi come uno stereotipo di se stesso, spiegando nei dettagli il suo piano senza farlo sembrare un cliché.
Splendide le illustrazioni che sono andate migliorando di volume in volume, amplificando l'atmosfera sempre più cupa della serie e diventando fondamentali per immergersi completamente nel racconto.
mercoledì 12 agosto 2015
L'albero d'argento - Holly Black, Tony DiTerlizzi
Le Cronache di Spiderwick #4
Nel quarto libro della saga, Spiderwick finalmente fa un salto di qualità e di target. La storia diventa più cupa, più matura. I pericoli diventano reali e opprimenti, anziché vagamente comici e dalle ripercussioni minime sulla vita dei fratelli Grace.
In Il segreto di Lucinda erano le creature "buone" a voler recuperare il Libro dei Segreti per usarlo nella battaglia imminente. Ora sono le creature cattive. Quale sia la differenza, a parte l'aspetto meno carino, nobile ed elegante, è difficile a dirsi, visto che il metodo di entrambe le fazioni è quello di rapire uno dei ragazzini e chiedere un riscatto.
Questa volta tocca a Mallory, rapita dopo una gara di scherma e trascinata nelle cavarne dei nani (cattivi). Per tentare di fermare il rapimento, Jared finisce nei guai perché viene scoperto a minacciare con un coltello un mutaforma (Mulgarath), ovviamente trasformato in un ragazzino indifeso, per massimizzare l'equivoco.
C'è un quasi finale, ma per la prima volta non basta la lunghezza canonica dei libri della saga per concludere la storia. Mallory è libera, ma sembra necessario parlare (finalmente) alla madre dell'esistenza e dei pericoli del mondo fatato, per evitare l'allontanamento forzato di Jared e per avere un alleato nella battaglia imminente con Mulgarath in testa.
Una faccina sorridente per i nani caratterizzati in maniera nuova, pochi cliché, amano sì il metallo, ma lo usano per costruire automi e oggetti tecnologici, animali e piante meccanici (tra cui l'albero del titolo) e hanno un piano degno del miglior supercattivo: conquistare la superficie e sostituire ogni forma di vita animale e vegetale con un equivalente metallico. - inserire risata diabolica -
Nel quarto libro della saga, Spiderwick finalmente fa un salto di qualità e di target. La storia diventa più cupa, più matura. I pericoli diventano reali e opprimenti, anziché vagamente comici e dalle ripercussioni minime sulla vita dei fratelli Grace.
In Il segreto di Lucinda erano le creature "buone" a voler recuperare il Libro dei Segreti per usarlo nella battaglia imminente. Ora sono le creature cattive. Quale sia la differenza, a parte l'aspetto meno carino, nobile ed elegante, è difficile a dirsi, visto che il metodo di entrambe le fazioni è quello di rapire uno dei ragazzini e chiedere un riscatto.
Questa volta tocca a Mallory, rapita dopo una gara di scherma e trascinata nelle cavarne dei nani (cattivi). Per tentare di fermare il rapimento, Jared finisce nei guai perché viene scoperto a minacciare con un coltello un mutaforma (Mulgarath), ovviamente trasformato in un ragazzino indifeso, per massimizzare l'equivoco.
C'è un quasi finale, ma per la prima volta non basta la lunghezza canonica dei libri della saga per concludere la storia. Mallory è libera, ma sembra necessario parlare (finalmente) alla madre dell'esistenza e dei pericoli del mondo fatato, per evitare l'allontanamento forzato di Jared e per avere un alleato nella battaglia imminente con Mulgarath in testa.
Una faccina sorridente per i nani caratterizzati in maniera nuova, pochi cliché, amano sì il metallo, ma lo usano per costruire automi e oggetti tecnologici, animali e piante meccanici (tra cui l'albero del titolo) e hanno un piano degno del miglior supercattivo: conquistare la superficie e sostituire ogni forma di vita animale e vegetale con un equivalente metallico. - inserire risata diabolica -
Lucky Starr, il vagabondo dello spazio - Isaac Asimov
David Starr è il Lone Ranger di Asimov. Poliedrico, imbattibile in ogni campo. Scienziato di alto livello riconosciuto dall'Accademia delle Scienze, esperto nel combattimento, nella sopravvivenza spaziale, nella guida di qualsiasi cosa possa muoversi, fantastico nella manipolazione sociale e nel creare rapporti di fiducia in posizioni chiave attorno a lui. In più, giovanissimo, che non guasta a renderlo ancora meno credibile, visto che con le abilità che presenta ci si aspetta almeno un veterano temprato dall'esperienza.
Visto il protagonista, grandioso a suo modo, la trama è banalotta, quasi un pretesto per presentare David Starr senza troppa fatica e senza doverne confondere i tratti con delle azioni troppo complesse. Da Marte arriva del cibo avvelenato, David va su Marte, David incontra per caso proprio delle persone coinvolte con l'avvelenamento del cibo, che provano ad ucciderlo regolarmente, ma grazie alla sua provvidenziale alleanza con il farmboy marziano Bigman prima e con una razza di marziani superavanzati fatti di energia dopo, ne esce vittorioso.
Luky Starr, il vagabondo dello spazio, sembra essere un libro molto più commerciale degli standard (già bassi) di Asimov, si sente benissimo che è stato pensato come una sceneggiatura e non come un romanzo, perché manca di una pronfondità che la riscrittura non è riuscita a dargli.
Non disturba invece la mancanza di realismo di cui Asimov si preoccupa nell'introduzione. Essendo datato precede le prime vere osservazioni dirette di Marte, quindi la struttura delle colonie marziane si basa su alcune assunzioni dell'epoca poi dimostratesi false: acqua ghiacciata ai poli, presenza di vita batterica locale. Tutto perdonabilissimo.
Visto il protagonista, grandioso a suo modo, la trama è banalotta, quasi un pretesto per presentare David Starr senza troppa fatica e senza doverne confondere i tratti con delle azioni troppo complesse. Da Marte arriva del cibo avvelenato, David va su Marte, David incontra per caso proprio delle persone coinvolte con l'avvelenamento del cibo, che provano ad ucciderlo regolarmente, ma grazie alla sua provvidenziale alleanza con il farmboy marziano Bigman prima e con una razza di marziani superavanzati fatti di energia dopo, ne esce vittorioso.
Luky Starr, il vagabondo dello spazio, sembra essere un libro molto più commerciale degli standard (già bassi) di Asimov, si sente benissimo che è stato pensato come una sceneggiatura e non come un romanzo, perché manca di una pronfondità che la riscrittura non è riuscita a dargli.
Non disturba invece la mancanza di realismo di cui Asimov si preoccupa nell'introduzione. Essendo datato precede le prime vere osservazioni dirette di Marte, quindi la struttura delle colonie marziane si basa su alcune assunzioni dell'epoca poi dimostratesi false: acqua ghiacciata ai poli, presenza di vita batterica locale. Tutto perdonabilissimo.
domenica 9 agosto 2015
Le canzoni di Narayama - Shichiro Fukazawa
Shichirō Fukazawa ci porta in un Giappone di provincia, isolato e autosufficiente in ogni piccola comunità, per necessità e non certo per scelta.
Fukazawa ci parla di una madre preoccupata per il figlio rimasto vedovo e divista tra i due grandi doveri rimastele da adempiere nella vita, trovargli una moglie il prima possibile, cercando e contrattando con il villaggio vicino e prepararsi ad "andare sulla montagna", al compimento di settant'anni.
Andare sulla montagna, sebbene non venga mai chiarito davvero fino all'ultimo capitolo, non è che un eufemismo per riferirsi alla pratica dell'Ubasute, l'abbandono delle persone anziane in un luogo remoto in modo che possano morire e non siano un peso per la società. Una pratica che sembra eccessiva oggi, ma che era necessaria e a volte imposta dalle autorità, in un periodo di quasi carestia.
O-rin vive l'andare sulla montagna come una festa, con un banchetto da preparare, la famiglia da salutare con gioia, il sake da offrire a tutto il villaggio. Il rituale è rigoroso e positivo nel rinforzare la necessità della salita, ma anche spietato. Non si parla durante la salita, non ci si gira indietro. Ci viene anche mostrato un caso di infrazione e di Obasute forzato, ben più tragico e violento, durante la salita di O-rin, in spalle al figlio.
Non solo il tentare di sfuggire al pellegrinaggio viene punito. Sono molti nel racconto gli episodi che ci mostrano una società diversa, più brutale, dove i crimini minori rischiano di indebolire i legami tra le famiglie necessari alla sopravvivenza. Il furto è punito in maniera molto semplice spogliando i ladri di ogni loro avere e distribuendoli nel villaggio. Ogni deviazione dalla tradizione è punita.
Le canzoni del titolo sono due canzoni che accompagnano ogni evento, con un testo opportunamente adattato per descrivere o farsi beffe di persone ed eventi. I due spartiti al fondo del volume danno la splendida opportunità di suonare i motivi, imprimerseli in mente e averli come colonna sonora interna per la lettura!
Fukazawa ci parla di una madre preoccupata per il figlio rimasto vedovo e divista tra i due grandi doveri rimastele da adempiere nella vita, trovargli una moglie il prima possibile, cercando e contrattando con il villaggio vicino e prepararsi ad "andare sulla montagna", al compimento di settant'anni.
Andare sulla montagna, sebbene non venga mai chiarito davvero fino all'ultimo capitolo, non è che un eufemismo per riferirsi alla pratica dell'Ubasute, l'abbandono delle persone anziane in un luogo remoto in modo che possano morire e non siano un peso per la società. Una pratica che sembra eccessiva oggi, ma che era necessaria e a volte imposta dalle autorità, in un periodo di quasi carestia.
O-rin vive l'andare sulla montagna come una festa, con un banchetto da preparare, la famiglia da salutare con gioia, il sake da offrire a tutto il villaggio. Il rituale è rigoroso e positivo nel rinforzare la necessità della salita, ma anche spietato. Non si parla durante la salita, non ci si gira indietro. Ci viene anche mostrato un caso di infrazione e di Obasute forzato, ben più tragico e violento, durante la salita di O-rin, in spalle al figlio.
Non solo il tentare di sfuggire al pellegrinaggio viene punito. Sono molti nel racconto gli episodi che ci mostrano una società diversa, più brutale, dove i crimini minori rischiano di indebolire i legami tra le famiglie necessari alla sopravvivenza. Il furto è punito in maniera molto semplice spogliando i ladri di ogni loro avere e distribuendoli nel villaggio. Ogni deviazione dalla tradizione è punita.
Le canzoni del titolo sono due canzoni che accompagnano ogni evento, con un testo opportunamente adattato per descrivere o farsi beffe di persone ed eventi. I due spartiti al fondo del volume danno la splendida opportunità di suonare i motivi, imprimerseli in mente e averli come colonna sonora interna per la lettura!
giovedì 6 agosto 2015
How to be an Alien - Goerge Mikes
How to be an Alien (nel senso di straniero) è un classico della letteratura umoristica, e non per sbaglio.
Mikes ci parla della sua esperienza di straniero in Inghilterra e del suo approccio agli improbabili costumi dei "veri" inglesi, in società, in famiglia, tra amici, in privato, nella politica, nelle convenzioni. Non risparmia colpi a nessun vezzo inglese, confrontando senza pietà con le usanze del Continente.
Proprio questa mancanza di riguardo, completamente onesta, ha appassionato i lettori inglesi accattivandosi la loro simpatia e rendendo immortale questo libro.
Lo stile mi ricorda molto quello di Tre uomini in Barca, per le tecniche usate nello scrivere e per molti dei temi presi in considerazione, ma con una prospettiva molto diversa che rendono How to be an Alien ancora più attuale, nonostante risalga al 1946, anche perché molte delle (cattive?) abitudini inglesi hanno avuto il vezzo di propagarsi a quel Continente tanto disprezzato.
Mikes ci parla della sua esperienza di straniero in Inghilterra e del suo approccio agli improbabili costumi dei "veri" inglesi, in società, in famiglia, tra amici, in privato, nella politica, nelle convenzioni. Non risparmia colpi a nessun vezzo inglese, confrontando senza pietà con le usanze del Continente.
Proprio questa mancanza di riguardo, completamente onesta, ha appassionato i lettori inglesi accattivandosi la loro simpatia e rendendo immortale questo libro.
Lo stile mi ricorda molto quello di Tre uomini in Barca, per le tecniche usate nello scrivere e per molti dei temi presi in considerazione, ma con una prospettiva molto diversa che rendono How to be an Alien ancora più attuale, nonostante risalga al 1946, anche perché molte delle (cattive?) abitudini inglesi hanno avuto il vezzo di propagarsi a quel Continente tanto disprezzato.
The Invention of Hugo Cabret - Brian Selznick
Hugo Cabret è il libro d'esordio di Selznick, il primo in cui propone la sua tecnica mista, che non è fumetto, non è graphic novel, non è un libro illustrato, ma un misto in cui le immagini, senza testo, raccontano tanto quanto le parole.
La stanza delle meraviglie (Wonderstruck) usava questa tecnica meravigliosamente per raccontarci il mondo vissuto da un ragazzo sordo, le scene mute con passi e rumori che non vengono vissuti se non indirettamente erano perfetti a questo scopo. In Hugo Cabret l'effetto è molto simile, ma crea una atmosfera da film muto, un sogno in cui le pagine di testo non sono altro che degli intertitoli che ci raccontano quel che non può essere mostrato.
L'ispirazione principale per il racconto è la vita di Georges Méliès, pioniere della fantascienza nel cinema muto, rovinato dalla guerra, temporaneamente dimenticato e costretto a lavorare in una bottega di giochi e dolci nella stazione di Montparnasse. Hugo possiede un automa costruito da Méliès nella sua carriera da prestigiatore, e nel ripararlo scopre il suo passato, riportandolo nell'ambiente cinematografico a riprendere il posto che gli spetta.
L'adattamento di Scorsese, visto prima della lettura, è all'altezza del racconto. Si perde la sensazione del film muto ma l'atmosfera e i ritmi della storia sono perfetti, sono sicuro che da una visione/lettura in parallelo si potrebbero quasi distinguere nel film i brani scritti da quelli disegnati con grande chiarezza!
La stanza delle meraviglie (Wonderstruck) usava questa tecnica meravigliosamente per raccontarci il mondo vissuto da un ragazzo sordo, le scene mute con passi e rumori che non vengono vissuti se non indirettamente erano perfetti a questo scopo. In Hugo Cabret l'effetto è molto simile, ma crea una atmosfera da film muto, un sogno in cui le pagine di testo non sono altro che degli intertitoli che ci raccontano quel che non può essere mostrato.
L'ispirazione principale per il racconto è la vita di Georges Méliès, pioniere della fantascienza nel cinema muto, rovinato dalla guerra, temporaneamente dimenticato e costretto a lavorare in una bottega di giochi e dolci nella stazione di Montparnasse. Hugo possiede un automa costruito da Méliès nella sua carriera da prestigiatore, e nel ripararlo scopre il suo passato, riportandolo nell'ambiente cinematografico a riprendere il posto che gli spetta.
L'adattamento di Scorsese, visto prima della lettura, è all'altezza del racconto. Si perde la sensazione del film muto ma l'atmosfera e i ritmi della storia sono perfetti, sono sicuro che da una visione/lettura in parallelo si potrebbero quasi distinguere nel film i brani scritti da quelli disegnati con grande chiarezza!
martedì 4 agosto 2015
Persepolis - Marjane Satrapi
Persepolis è affascinante, particolare, avvicente.
Alterna momenti profondi e tristi a scene buffe e divertenti, è la sua forza ma anche una grande debolezza, che lo fa funzionare bene come serie di albi separati ma non troppo come raccolta coerente.
È vero, la vita dell'autrice non è lineare, salta senza continuità tra un regime estremista in cui vive con sofferenza il suo ruolo di donna e l'ambiente europeo in cui vive un ambiente trasgressivo e progressista, ma il lettore che vive tutti questi cambiamenti concentrati in pochissimo tempo si trova disorientato e sballottato qua e là.
Anche le origini sociali della famiglia della protagonista non aiutano a calarsi nell'atmosfera, essendo un punto di vista privilegiato, dall'equivalente di una "nobiltà decaduta" locale, in cui abbondano eroi e protagonisti politici in famiglia.
Capisco benissimo perché si sia meritato lo status di fumetto di culto, lo stile è davvero particolare, con un tratto nero marcatissimo che ha l'effetto di cancellare ogni connotazione razziale dei personaggi, rendendo ambienti e situazioni che - con una rappresentazione realistica - ci sarebbero alieni, facilmente trasportabili nel nostro mondo e con i nostri particolari fanatici che tentano di modificarlo a loro immagine.
Alterna momenti profondi e tristi a scene buffe e divertenti, è la sua forza ma anche una grande debolezza, che lo fa funzionare bene come serie di albi separati ma non troppo come raccolta coerente.
È vero, la vita dell'autrice non è lineare, salta senza continuità tra un regime estremista in cui vive con sofferenza il suo ruolo di donna e l'ambiente europeo in cui vive un ambiente trasgressivo e progressista, ma il lettore che vive tutti questi cambiamenti concentrati in pochissimo tempo si trova disorientato e sballottato qua e là.
Anche le origini sociali della famiglia della protagonista non aiutano a calarsi nell'atmosfera, essendo un punto di vista privilegiato, dall'equivalente di una "nobiltà decaduta" locale, in cui abbondano eroi e protagonisti politici in famiglia.
Capisco benissimo perché si sia meritato lo status di fumetto di culto, lo stile è davvero particolare, con un tratto nero marcatissimo che ha l'effetto di cancellare ogni connotazione razziale dei personaggi, rendendo ambienti e situazioni che - con una rappresentazione realistica - ci sarebbero alieni, facilmente trasportabili nel nostro mondo e con i nostri particolari fanatici che tentano di modificarlo a loro immagine.
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