lunedì 11 gennaio 2021

Novelle disincantate - Jacques Bens

 

Nel 1990 le Novelle disincantate vinsero il premio Goncourt dedicato al racconto salvo poi sparire dalla scena internazionale, mai pubblicate in Italia. Per Jacques Bens – fra i fondatori storici della celebre Oulipo, l’officina di letteratura potenziale di Perec e Queneau – si trattava quasi di un riconoscimento alla carriera, prima di morire a soli settant’anni dieci anni più tardi. Le novelle del resto sembrano il contraltare breve dei più famosi romanzi oulipensi: medesima leggerezza, ironia e vena di romanticismo concentrati in racconto. Eppure per vocazione pseudoscientifica si avvicinano più alle elucubrazioni di Jarry, o alle scienze inesatte dei Figli del limo. Gli inventori del moto perpetuo sono non a caso dei pescivendoli, a usufruire delle macchine del tempo sono musicisti impacciati con le donne, chi sa come far piovere a comando viene lasciato dalla moglie proprio per il meteorologo. È questa la cifra ironica di Bens. Scienziati impacciati, maghi che non chiedono troppo alla vita, maestri che per spiegare come si scrive un racconto finiscono per scriverselo addosso.

Una raccolta di racconti meravigliosa, anche se non mi aspettavo di meno dal fondatore dell'Oulipo, di cui ho apprezzato (quasi) ogni sperimentazione e gioco.

Una raccolta di racconti, che più ancora che meravigliosa, ha il potere di far infuriare ogni singolo critico di racconti e storie bloccato sugli schemi classici, che vogliono il protagonista che si evolve, che vogliono il conflitto, che vogliono degli scigliomenti alla storia. Non li avranno in queste situazioni surreali dove nulla va nella direzione indicata dai preparativi nel corso del racconto, dove la pistola di Chekhov verrà usata al massimo per indicare la direzione a un passante.

La base scientifica dei racconti non tenta neppure di avere la plausibilità dei romanzetti di fantascienza brutti che sbattono "quantico" dopo qualsiasi cosa per renderlo futuro, è una pseudoscienza che fa sorridere, un meccanismo calibrato tra artificio narrativo e plausibilità, sempre perfettamente coerente.

Ci tengo particolarmente a complimentarmi per la traduzione di Sofia Buccaro. Non era un lavoro facile ed il risultato è eccellente e da lettore mi ha scaldato non trovare neanche un intoppo in tutta la lettura, neanche un dubbio che mi ha fatto pensare "qua doveva esserci qualcosa di strano che si è perso nell'originale". Il lessico di questi racconti è particolare e difficile da gestire senza rischiare l'effetto parodia.

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