Shenzhen è il primo reportage a fumetti di Delisle. Lo stile è ancora abbozzato e la struttura delle opere successive deve ancora emergere. Non c'è una divisione in piccoli episodi significativi e le piccole trame si confondono tra loro, anche complice una Cina dall'aria molto standardizzata e grigia (come le matite dell'autore) e dai volti quasi deformi delle folle onnipresenti.
Non essendo libero di girare per il paese come nei viaggi al seguito di una ONG, Delisle forse visita meno luoghi interessanti e rilevanti, ma è comunque molto piacevole leggere della vera e propria divisione in caste territoriale, con al vertice le grandi città commerciali, seguite dalle città per gli stranieri, come Shenzhen appunto, quelle per il popolo e le campagne. Un ambiente in cui è difficilissimo risalire verso gli ambienti più benestanti e cambiare di status.
Delisle sembra allo stesso tempo inorridito e affascinato dalla Cina. Sorpreso dall'ospitalità coatta a cui viene sottoposto ovunque vada, dagli sforzi di tutti per comunicare con lui (senza grande successo) e soprattutto dalla completa indifferenza di tutte le persone verso la politica, a parte un brevissimo commento poco prima della sua partenza.
Non è la Cina che ci immaginiamo, è una Cina fatta di persone e di società, più che si storia e tradizioni.
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