Ho letto (ascoltato) Il libro della giungla con ben in mente il lungometraggio Disney, fatto di gioia, di danze, di natura amica o nemica in maniera bonaria, mai preoccupante.
La natura di Kipling è ostile, gli animali uccidono e vengono uccisi e il cucciolo d'uomo non è che un animale tra tanti. Non ci sono amicizie, ci sono alleanze per sopravvivere, per nutrirsi, per difendersi.
Sono solo tre i racconti con protagonista Mowgli, nel libro. Parlano dei tre momenti topici della sua vita: l'adozione nel branco (e l'inizio dell'inimicizia con Shere Khan), il rapimento da parte delle scimmie a cui Mowgli dà incautamente confidenza e il tentativo di tornare tra gli uomini, fallito.
Nei racconti rimasti vediamo un'India da prospettive nuove e insolite, gli animali dell'esercito, una mangusta accolta in una casa per catturare i cobra, un piccolo addestratore di elefanti, una foca albina. Molte delle vicende sono, neppure troppo implicitamente, metafore per parlare del colonialismo inglese, della politica militare, dell'espansionismo dell'impero. A volte riferimenti e allusioni si perdono per via della distanza temporale e culturale che ci separa da Kipling e avrei avuto la curiosità di avere una versione annotata per confermare o smentire alcune intuizioni.
Questi ultimi racconti non sono all'altezza dei primi racconti, manca un filo conduttore e non si sente così violentemente la Legge che controlla tutto e tutti. È il Secondo libro della giungla a contenere gran parte delle avventure di Mowgli che vivono nell'immaginario di tutti.
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