“Nel sogno camminava sotto l'oceano. C'erano voci, c'erano suoni. C'era la luce che filtrava ondeggiante tra migliaia di bolle in sospensione. C'era la poesia di un cosmo segreto, celato al di sotto del visibile. Lui camminava e guardava, sapendo che la strada di sabbia che percorreva lo stava portando dall'altra parte: una volta emerso si sarebbe trovato nel mondo che aveva lasciato. Camminava, augurandosi che il sogno durasse abbastanza per arrivare di là.”La bambina dell'oceano è un racconto onirico. Nel senso letterale del termine. Ci sono sogni, tanti sogni, viaggi, incontri. Tutto vuole avere una sua logica, ma come ogni sogno che si rispetti, una volta portato nel mondo reale, la sua logica salta e perde di coerenza.
C’è una spiaggia, sulla costa australiana, dove i sogni si comportano in modo insolito. E dove uno scrittore solitario incontra una bambina che ama il mare.
Il racconto è godibile, si legge bene. Le interazioni tra Ricardo, sulla sua spiaggia, e Perla, la bambina misteriosa che sa manipolare i sogni, sono accattivanti e riescono a prendere il lettore. Purtroppo tutto salta quando ci si rende conto che non si avranno mai delle spiegazioni. Non sapremo mai se i sogni porteranno Ricardo a ricongiungersi al suo amore oppure no, se tornerà a scrivere, se capirà chi sia Perla e perché l'abbia scelto.
Altro punto a sfavore è l'impronta troppo marcata dell'autore nel protagonista. Il suo lavoro, le sue origini, come ne parla (inappropriatamente) nel dettaglio. Servirebbe una purga dei dettagli autobiografici che finiscono per sbilanciare la narrazione.
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