lunedì 11 gennaio 2016

Trilogia del ritorno - Fred Uhlman

Ero scettico, iniziando a leggere questa trilogia di racconti lunghi. Non amo particolarmente le testimonianze storiche romanzate e Uhlman mi è capitato in mano un po' per caso.

Mi ha sorpreso, perché riesce a evitare tutti gli angoli più "banali" e visti della seconda guerra mondiale vista e raccontata da un ebreo in Germania, dando un taglio intimo e particolare ai racconti.

L'amico ritrovato parla di un ragazzo ebreo che fa amicizia con un compagno di classe, di nobile famiglia tedesca. La famiglia dell'amico sviluppa nel giro di poco più di un anno simpatie verso Hitler e la sua nuova politica, forzandoli ad allontanarsi, fino all'espatrio preventivo del protagonista.

Un'anima non vile racconta la stessa storia ma a ruoli invertiti, dal punto di vista del ragazzo tedesco, questa volta manipolato dalla famiglia e messo sotto costante pressione. Rivive gli anni della scuola in un'ultima lettera prima di essere giustiziato per l'attentato alla vita di Hitler del '44.

Niente resurrezioni, per favore fatico ad inserirlo nello stesso filone dei primi racconti, mi sembra estraneo. Parla di un ritorno in Germania vent'anni dalla fine della guerra, ritrovando per caso dei compagni di quello stesso ginnasio che lega la trilogia. Purtroppo ogni tedesco nasconde l'ombra del nazismo e non riesce a fidarsi di nessuno, finendo per accettare ed abbracciare la sua estraneità alla Germania che per i primi vent'anni di vita l'ha cresciuto.

Lo stile di Uhlman è sparso, velocissimo e quasi ipnotico. È difficile staccarsi da uno dei racconti prima di averlo finito. Le storie che racconta, per quanto semplici, sono intrecciate con se stesse, divagano quando c'è della tensione, accelerano quando non c'è tensione, impedendo di allontanarsi. Sono quasi costretto ad ammettere di aver apprezzato questa trilogia più per lo stile e la maestria nello scrivere che per i (pur giusti e buoni) messaggi che ci trasmette.

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