Hugo Cabret è il libro d'esordio di Selznick, il primo in cui propone la sua tecnica mista, che non è fumetto, non è graphic novel, non è un libro illustrato, ma un misto in cui le immagini, senza testo, raccontano tanto quanto le parole.
La stanza delle meraviglie (Wonderstruck) usava questa tecnica meravigliosamente per raccontarci il mondo vissuto da un ragazzo sordo, le scene mute con passi e rumori che non vengono vissuti se non indirettamente erano perfetti a questo scopo. In Hugo Cabret l'effetto è molto simile, ma crea una atmosfera da film muto, un sogno in cui le pagine di testo non sono altro che degli intertitoli che ci raccontano quel che non può essere mostrato.
L'ispirazione principale per il racconto è la vita di Georges Méliès, pioniere della fantascienza nel cinema muto, rovinato dalla guerra, temporaneamente dimenticato e costretto a lavorare in una bottega di giochi e dolci nella stazione di Montparnasse. Hugo possiede un automa costruito da Méliès nella sua carriera da prestigiatore, e nel ripararlo scopre il suo passato, riportandolo nell'ambiente cinematografico a riprendere il posto che gli spetta.
L'adattamento di Scorsese, visto prima della lettura, è all'altezza del racconto. Si perde la sensazione del film muto ma l'atmosfera e i ritmi della storia sono perfetti, sono sicuro che da una visione/lettura in parallelo si potrebbero quasi distinguere nel film i brani scritti da quelli disegnati con grande chiarezza!
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