Un racconto strano, inquietante.
Kazuo è un burattino in una Tokyo postbellica confusa e caotica, dove le vite di tutti sono instradate su binari precisi e fissati dal proprio status, dalla propria famiglia, dal governo.
Non trova se stesso nelle persone che frequenta, nel lavoro. L'unico barlume di sé lo ritrova con una donna sposata con cui ha una relazione, nella stanza chiusa a chiave del titolo. Lei chiude a chiave la stanza e la trappola simbolica in cui lo chiude diventa la sua unica liberazione. Finché lei non muore, lasciandolo a gestire una strana relazione con la figlia di nove anni verso cui sviluppa un attaccamento e un'attrazione morbosa. La figlia vuole prendere il posto della madre, attivamente, vuole essere lei a chiudere a chiave quella porta.
Questa attrazione viene sublimata in una serie di sogni, o incubi, in cui nascono in città dei Bar dei Giuramenti dove i sadici possono esplorare le proprie perversioni peggiori, descritte in un dettaglio disturbante.
Questo racconto è di una brutalita e schiettezza sconcertante. Sono sicuro di aver perso almeno un paio di livelli di lettura, sicuramente quello di critica sociale alla società giapponese (il tema di inflazione e deflazione che tornano ossessivamente ogni paio di pagine), la "decomposizione" delle persone già da vive, ma il poco che mi è arrivato è sufficiente a farmi invidiare Mishima e il suo stile.
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