Di solito non apprezzo i romanzi in cui non succede quasi nulla, la storia non va avanti spedita e non ci sono ragioni esplicite per andare avanti nella lettura. Larsson per motivi che non mi sono ben chiari, è una eccezione, e riesce a rendere avvincente anche il più terrificante capitolo-background dell'ennesimo personaggio nuovo, che viene sviscerato ed analizzato dall'infanzia, in ogni suo vizio e virtù, prima di poterlo usare e far muovere sulla scena.
Millennium non mi è sembrato una vera trilogia. Uomini che odiano le donne è una storia a sé, isolata, pensata appena per introdurre i personaggi che hanno iniziato a vivere davvero nei seguiti.
La ragazza che giocava con il fuoco ha un legame molto più stretto con questo libro, la storia che si sviluppa è la stessa. Si inizia ad intravedere il passato di Lisbeth nell'uno e viene completamente svelato nel secondo. Tutti i personaggi negativi che non erano stati puniti dal contrappasso di Larrson restano in attesa della loro ghigliottina.
Lo stile è sempre lo stesso, un po' di eventi che precipitano, ma neppure troppo. Dei cattivi organizzati che provano a dare il meglio di sé, pensano di avere il controllo. Dei buoni incredibilmente intelligenti ed astuti che il lettore è rassicurato di vedere sempre in controllo della situazione, nonostante qualche rischio.
Quel che avvince non è la paura che qualcosa vada storto, ma la pura aspettativa ed il desiderio di vedere tutti i piani e le trappole, stese poco a poco, arrivare ad uno scioglimento ed avere l'effetto devastante ed equilibratore che ci si aspetta.
Lo schema è sempre quello delle analisi parallele, con scambi controllati di informazione che permettono di giocare con le varie personalità in campo messe in situazioni diverse ma non troppo. C'è l'indagine di Millennium, della Milton Security, di Lisbeth, della polizia, della Sapo e quella del "club Zalachenko". Il lettore ha tutti gli elementi sin dall'inizio, pochissimi nuovi elementi e storie rilevanti vengono scoperti. È un gioco a rimpiattino in cui ancora una volta ci si sente superiori ed onnipresenti, e si gioisce o trema col passare di un foglio di carta o di una voce, cercando di prevederne le conseguenze.
Millennium non è una trilogia di libri gialli o thriller. È un inno a quella giustizia pitagorica ed inarrestabile che è tanto piacevole veder applicata quanto improbabile da vedere in un sistema giudiziario moderno.
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