Non avevo mai letto La storia infinita, complice un film visto troppe volte da piccolo ed una riduzione di pessima qualità con tante foto che mi era stata regalata, che trovavo già orrenda a 7 anni, figuriamoci ora.
In realtà il romanzo di Ende ha ben poco a che vedere col film, a parte il titolo e qualche vaga rassomiglianza. La storia è più complessa, più ricca di significati e di simbolismi.
È più profondo.
Tutto in La storia infinita si basa sulla ciclicità. AURIN, i due serpenti che si divorano a vicenda. Fantàsia che ciclicamente si distrugge per ricrearsi grazie alle storie di un essere umano. Il grande bosco notturno che ogni giorno si polverizza permettendo al deserto multicolore di prenderne il posto, ciclicamente. Ogni forma di distruzione viene vista con terrore da ogni creatura ingenua, ma come una necessità da ogni creatura più saggia o evoluta.
Allo stesso modo viene trattato il male. Non esistono male e bene assoluti, ma sono una necessità uno per l'altro. Il male viene accettato come parte della fantasia e di ogni storia. L'infanta non considera diversamente le creature di natura buona o malvagia, così come non vengono discriminati i desideri di chi porta AURIN.
È una filosofia che ho visto molto di rado nei libri fantasy, in cui tutto si gioca su un dualismo molto netto e preciso tra ciò che è bene e ciò che e male, facendo spesso di questa linea di divisione il motore della storia, decidendo quali sono i personaggi con cui far empatizzare il lettore e quali fargli temere.
In La storia infinita, Bastiano passa da ogni punto dello spettro, da bambino spaventato, ad eroe buono, fino a creatura oscura, egoista, prepotente e corrotta dal potere, perché anche quello fa parte della sua crescita. Bastian entra in contatto con il suo doppio (Atreyu) al di là dello specchio, diventa simile a lui, ma non possono vivere dallo stesso lato senza scontrarsi.
Tu, was du willst
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