martedì 28 luglio 2015

Il Licantropo - R. L. Stine

Piccoli Brividi #79

Aaron ha un padre psicopatico, che tra tutti i lupi e mostri del libro è il personaggio più spaventoso.
Il padre è uno sceriffo con la fissazione dei lupi mannari, è convinto che esistano ed è ossessionato dal catturarne uno.
Porta il figlio con se in spedizioni pericolose nei boschi, in Bratvia - est Europa generico - lontano dalla civiltà. Lo mette in pericolo lasciandolo regolarmente solo a dormire nella sua tenda con della fauna aggressiva nei dintorni, spesso e volentieri si allontana dal campo durante la notte.

Ma Aaron lo considera normale e ragionevole, neppure quando abusa del suo potere per chiudere un omino dall'aria innocente in una gabbia, riuscendo addirittura a convincere i doganieri della XX che si tratti di un assassino (gli accordi di estradizione tra XX e Stati Uniti devono essere oscenamente svantaggiosi), non si insospettisce.

Due volte gli scappa un lupo mannaro, una volta riportato a casa, ma in entrambi i casi riesce a convincere i suoi sottoposti (col terrore?) a lasciargli gestire personalmente la situazione. Per quale ragione? Cereali brandizzati Lupo Mannaro, pupazzi, gadget, show televisivi, fama.

Aaron non tradisce il suo sangue, ovviamente, e non brilla in intelligenza. In un terzo dei capitoli ha sogni molto chiari ed espliciti e si "risveglia". Si risveglia da un risveglio. Ha un grosso morso di lupo mannaro sul collo! Perché preoccuparsene? Perché sospettare che qualcosa non va se il lupo a cui dai la caccia ti regala un ciondolo a forma di dente? Perché sospettare qualcosa se ti cresce del pelo addosso, perdi la memoria e persone muoiono?
Stupido Aaron.

Questo libro non ha morale. Credo ai lupi mannari. I lupi mannari ci sono. Ne catturo uno. Scappa. Fine. Scooby Doo, paladino del razionalismo, sarebbe profondamente deluso da questa storia.

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