Mille candele danzanti, journal.
Forse sono poco sensibile, ma non sono davvero riuscito a digerire Mille candele danzanti.
La quarta di copertina faceva delle promesse: "Un atto d’amore verso i libri, ovvero chi li legge, chi li scrive, chi è
un autore celebre, chi scribacchia nel tempo libero, chi scrive la
propria storia vivendo... c’è un filo che unisce chi ama i libri.". Promesse tradite senza pietà. C'è un sottile tema comune, narrazione e lettura, ma non esiste macrotesto di alcun genere, sembrano aforismi lunghi quattro pagine montati insieme senza un filo logico comune, per non parlare del filo (micro o macro) narrativo, che non esiste proprio.
Capisco lo stile non narrativo, come scelta. Per quanto non mi attiri particolarmente, non mi disturba neppure se usato piacevolmente. Ma se uno sceglie di non narrare, deve sopperire in qualche modo, per tenere alta l'attenzione di chi legge.
Senza "qualcosa" su cui concentrarsi durante la lettura, lo sguardo corre sempre più rapidamente, rimestando le frasi corte e frammentate, fino a perdersi; a fondo pagina ci si accorge che nulla di quanto si è letto si è fissato nella mente. Sforzandosi di leggere una frasettina alla volta, si viene soffocati dal vuoto di tante parole saltellanti una di fianco all'altra.
A parte qualche piccola eccezione, i brani da una pagina a fine libro hanno un loro perché, pur sembrando una versione avanzata molto (troppo) simile a quelle immagini tipiche di Facebook che raffigurano un tramonto o un panorama d'atmosfera con su scritta col paint una citazione colta più o meno in contesto. Purtroppo ho una opinione molto bassa di chi si lascia irretire dalla poetica poesia facilona in jpg.
Bobin purtroppo è per pochi...
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